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Deliberaz. G.R. Umbria 28/01/2013, n. 41

Atto di indirizzo ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. b), della L.R. n. 7/2011, relativo all’applicazione dell’art. 42-bis del T.U. di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Approvazione.
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[Premessa]



LA GIUNTA REGIONALE


Visto il documento istruttorio concernente l’argomento in oggetto predisposto dal Servizio Urbanistica e espropriazioni e la conseguente proposta dell’assessore Silvano Rometti;

Visto l’art. 42-bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 R (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) recante “utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”

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DOCUMENTO ISTRUTTORIO
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Oggetto: Atto di indirizzo ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. b), della L.R. n. 7/2011, relativo all’applicazione dell’art. 42-bis del T.U. di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Approvazione

Premesso che:

- l’articolo 34, comma 1, della legge n. 111 del 15 luglio 2011 R ha introdotto nel testo unico delle espropriazioni per pubblica utilità di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 R, l’art. 42-bis, riservato alla «utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico». La nuova disposizione riprende in parte i contenuti del previgente art. 43, soppresso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 293/2010. Con l’istituzione dell’art. 42-bis si pone pertanto fine ad un periodo di vuoto normativo in materia di occupazioni illegittime introducendo importanti

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Allegato A

1. Con sentenza n. 293 del 8 ottobre 2010 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 327, già recante la disciplina dell’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, sostitutiva dell’istituto di fonte giurisprudenziale dell’accessione c.d. “invertita”.

Tale pronuncia della Corte è stata indotta dall’avvenuta violazione, da parte del legislatore, dell’art. 76 Cost., non rinvenendosi nell’ambito della legge-delega che aveva consentito l’emanazione del T.U. 327 del 2001 un’espressa disposizione recante l’autorizzazione a normare il relativo istituto.

In dipendenza di ciò, nell’ambito dei lavori preparatori della L.R. 22 luglio 2011 n. 7, recante disposizioni in materia di pubblica utilità, era stata predisposta la bozza di una disciplina che ovviasse all’interno dell’ordinamento regionale ai problemi insorti dal vuoto normativo con ciò creatosi, facendosi in tal modo carico, nell’attesa di una nuova disciplina di fonte statuale in materia, delle affermazioni della giurisprudenza che, al riguardo, reputava comunque in tale contesto ineludibile, nelle ipotesi di utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, la ricerca da parte dell’Amministrazione di un accordo con il proprietario del bene appreso.

Il relativo articolato è stato peraltro stralciato non appena il legislatore statuale ha introdotto nel T.U. 327 del 2001, per effetto dell’art. 34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 R convertito in L. 15 luglio 2011 n. 111 R, il nuovo art. 42-bis, recante la disciplina sostitutiva di quella dichiarata costituzionalmente illegittima.

L’art. 42-bis del T.U. 327 del 2001 trova pertanto piena e inderogabile applicazione nella Regione Umbria anche per i procedimenti di competenza della Regione, delle Province, dei Comuni e di tutti gli altri Enti Locali qui operanti.

2. Va opportunamente premesso che la nuova disciplina apprestata dal legislatore statale è stata approfonditamente esaminata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza 15 marzo 2012 n. 1438, respingendo varie eccezioni di incostituzionalità sollevate al riguardo e reputando lo stesso art. 42-bis del tutto conforme al Protocollo sul diritto di proprietà annesso alla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e alla conseguente giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ebbe più volte a condannare l’Italia in relazione alla sua disciplina legislativa in materia di espropriazione proprio perché i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita della proprietà in assenza di un provvedimento motivato, previsto da una specifica previsione di legge.

Va in tal senso rimarcato che la Corte di Strasburgo aveva a suo tempo stigmatizzato non tanto l'art. 43 del D.P.R. 327 del 2001, diretto antecedente dell'attuale art. 42-bis e che ottenne anzi un “welcoming” del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa quale istituto che consentiva una “legale via d'uscita”, nei casi in cui fosse riscontrabile un'opera pubblica in assenza del valido ed efficace decreto di esproprio , quanto, piuttosto, la prassi italiana di permettere il trasferimento del diritto di proprietà alle pubbliche amministrazioni in assenza di un provvedimento ablativo delle medesime Pubblica Amministrazione secondo la prassi della c.d. “accessione invertita” consolidatasi a suo tempo a partire dalla nota sentenza della Cassazione civile, Sez. I, 16 febbraio 1983 n. 1464 e ora peraltro definitivamente dismessa dalla giurisprudenza.

3. Chiarito ciò, va evidenziato che il legislatore statuale ha sensibilmente diversificato il contenuto sostanziale dell’istituto rispetto alle disposizioni previgenti.

Infatti, il precedente art. 43 contemplava che l’Autorità che utilizzava un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, “valutati gli interessi in conflitto”, poteva disporre che il bene stesso fosse “acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”.

La misura di tali danni, salve eventuali e diverse disposizioni di legge, era commisurata “al valore del bene utilizzato per scopi di pubblica util

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