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26/01/2023

Abusi edilizi in zona paesaggistica: chiarimenti della Cassazione

In tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti sulle tipologie di intervento suscettibili di sanatoria, sulle conseguenze della prosecuzione dei lavori dopo il termine per il condono e sulla c.d. fiscalizzazione dell’illecito.

FATTISPECIE - Nella fattispecie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione di alcune opere realizzate abusivamente in zona paesaggistica, oggetto di istanza di condono ex art. 32, D.L. 269/2003 (c.d. terzo condono edilizio). In particolare, il permesso di costruire in sanatoria era stato chiesto limitatamente ad alcuni locali che, successivamente, erano stati oggetto di interventi che avevano sviluppato nuove volumetrie. Il ricorrente sosteneva, tra l'altro, che si trattasse di un intervento di ristrutturazione edilizia e non di nuova costruzione, come ritenuto dalla Corte territoriale, e deduceva l'omessa motivazione in relazione al diniego della possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria.

CONDONO IN AREA PAESAGGISTICA - In proposito la C. Cass. pen. 10/01/2023, n. 396 ha ribadito che in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall'art. 32 del D.L. 269/2003 (convertito, con modificazioni, dalla L. 326/2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato (tra cui le opere di ristrutturazione), anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

PROSECUZIONE DEI LAVORI IN PENDENZA DELLA SANATORIA - Inoltre, secondo la Corte, se si proseguono i lavori edilizi su un immobile abusivo dopo la scadenza del termine per il condono, senza che il permesso in sanatoria sia stato rilasciato, si producono due effetti giuridici:
- la commissione di un ulteriore reato, trattandosi di lavori edilizi su immobile abusivo, e
- la non concedibilità del condono richiesto, perché la data a cui fa riferimento la legge serve a fotografare la situazione di fatto esistente su cui valutare la possibilità di rilasciare il titolo in sanatoria.

INAMMISSIBILITÀ DELLA FISCALIZZAZIONE - Infine i giudici hanno affermato che la disciplina prevista dall'art. 34, comma 2, del D.P.R. 380/2001 (cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio) - il quale prevede la possibilità di sostituire demolizione con una sanzione pecuniaria nel caso in cui la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità - trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire. Pertanto tale procedura non è applicabile alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, perché queste non possono essere mai essere ritenute “in parziale difformità”, atteso che tutti gli interventi realizzati in tale zona eseguiti in difformità dal titolo abilitativo si considerano in variazione essenziale e, quindi, in difformità totale rispetto all'intervento autorizzato (art. 32, comma 3, D.P.R. 380/2001).
Inoltre è stato precisato che la fiscalizzazione non equivale ad una “sanatoria” dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate (si veda sul punto C. Cass. pen. 21/06/2018, n. 28747 secondo cui le opere abusive vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione di conservazione di quelle realizzate legittimamente).

Dalla redazione