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23/11/2023

Compravendita: i diritti dell’acquirente in presenza di comodato precario

Il nuovo acquirente può pretendere che il comodatario cessi immediatamente il godimento del bene? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

È frequente l’ipotesi della sottoscrizione di un contratto di comodato. In tal caso, se successivamente a tale contratto, il proprietario (comodante) vende l’immobile a un terzo, occorre valutare le sorti del comodatario e del nuovo acquirente.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.

IL CONTRATTO DI COMODATO- Il contratto di comodato è il contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
Il Codice civile prevede due forme di comodato, quello con una durata determinata (art. 1803 del Codice civile) e quello invece c.d. precario (art. 1810 del Codice civile).
Il primo riguarda il comodato che sorge con la consegna della cosa per un tempo predefinito o per un uso che consente di stabilirlo. L’obbligo di restituzione sorge soltanto alla scadenza del termine oppure quando il comodatario se ne sia servito in conformità del contratto, salva la facoltà del comodante di richiedere la restituzione immediata dell’immobile nel caso in cui sopravvenga un suo urgente ed imprevisto bisogno. Scaduto il termine di durata del comodato, qualora l’immobile non venga volontariamente rilasciato dal comodatario, il proprietario può agire giudizialmente nei confronti dell’occupante (con ricorso ex art. 447-bis del Codice di procedura civile) per fare valere il suo diritto a riottenere la piena disponibilità del bene concesso in uso.
Il comodato precario è invece quello senza determinazione di durata ed è disciplinato dall’art. 1810 del Codice civile in applicazione del quale, quando il termine di restituzione non è stato convenuto dalle parti e non può desumersi dall’uso cui il bene deve essere destinato, il comodatario, prescindendo da giusti motivi del comodante, è tenuto a restituire il bene stesso non appena quest’ultimo gliene faccia richiesta. Esso è caratterizzato da una libera facoltà di recesso unilaterale del rapporto riconosciuta in capo al comodante.
Se manca l’indicazione del termine finale, questo può quindi desumersi dall’uso per cui l’immobile è stato concesso in comodato, circostanza quest’ultima apparentemente innocua, ma che assume importante rilievo se si considera che, ad esempio, è ormai fermo il principio per cui, nella previsione di destinazione dell’immobile ad abitazione familiare, la determinazione della durata della concessione va rapportata a tale uso.

IL COMODATO SENZA DETERMINAZIONE DI DURATA- Si configura il comodato precario di cui all’art. 1810 del Codice civile allorché esso sia privo di qualunque indicazione tacita od espressa del termine per la riconsegna del bene concesso in godimento. La scadenza della validità del vincolo dipende potestativamente dalla volontà del comodante, il quale può farla maturare ad nutum mediante richiesta di restituzione del bene.
La predetta richiesta da parte del comodante implica l’immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità ed al godimento della res, con la conseguenza che, una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa viene ad assumere la posizione di un detentore sine titulo e, quindi, abusivo del bene altrui (App. Milano 27/04/2020, n. 1006).
Non può desumersi la determinazione della durata del comodato dalla destinazione abitativa cui, per sua natura, è adibito un immobile, in difetto di espressa convenzione sul punto, derivando da tale destinazione soltanto l’indicazione di un uso indeterminato e continuativo, inidoneo a sorreggere un termine finale (Trib. Taranto 26/09/2018, n. 2388).
Quindi, nel comodato cosiddetto precario, in mancanza di determinazione della durata del contratto, ove non risulti un termine in relazione all’uso del bene, ancorché il comodatario sia tenuto a restituire la cosa non appena il comodante la richieda, ai sensi dell’art. 1810 del Codice civile, il giudice, in mancanza di accordo delle parti, può stabilire il termine per la restituzione della cosa oggetto di comodato, quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione e, in particolare, quando, trattandosi di comodato di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di congrua dilazione per rilasciare vuoto l’immobile e per trovare altra sistemazione abitativa (Trib. Sondrio 20/07/2021, n. 255).
Tale figura contrattuale mira a sottolineare soltanto che, in simile ipotesi, il termine possa essere determinato da uno solo dei contraenti mediante l’esecuzione del recesso, evitando in tal modo che il rapporto possa protrarsi all’infinito (Trib. Roma 06/03/2017, n. 4537). In sostanza, in caso di comodato precario, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante gliela richieda.

I DIRITTI DEL NUOVO ACQUIRENTE -In generale, nel contratto preliminare ad effetti anticipati va ravvisata un’ipotesi di collegamento negoziale poiché le parti, per agevolare le finalità del preliminare di vendita, stipulano contratti interconnessi ed accessori rispetto a quest’ultimo i quali, però, rimangono del tutto autonomi sotto il profilo causale e continuano ad esser disciplinati dalla relativa normativa tipica. I detti contratti collegati al preliminare sono il comodato, per quanto riguarda la consegna anticipata della cosa, ed il mutuo gratuito per ciò che concerne il pagamento del prezzo (C. Cass. S.U. civ. 27/03/2008, n. 7930).
Nonostante ciò, in alcuni casi, può accadere che sussista già un contratto di comodato e, in tale ipotesi, il comodante decide di vendere l’immobile. In tal caso, il contratto di comodato di un immobile, stipulato dall’alienante in epoca anteriore al suo trasferimento, non è opponibile al terzo acquirente, il quale ha pertanto diritto di chiedere - in qualsiasi momento a suo libito - la cessazione del godimento del bene da parte del comodatario, al fine di conseguire la piena disponibilità della cosa.
Ai fini del risarcimento del danno, l’inizio dell’occupazione illegittima dell’immobile deve essere fatto risalire non alla data della compravendita, bensì a quella in cui il terzo acquirente, nuovo proprietario del bene, abbia manifestato al comodatario la propria volontà di disporne liberamente (C. Cass. civ. 18/01/2016, n. 664).

LA PARTICOLARE IPOTESI DI COMODATO DI FAMIGLIA -Secondo la Corte di Cassazione, il provvedimento di assegnazione della casa familiare non è opponibile al terzo che abbia anteriormente acquistato l’immobile dal coniuge proprietario esclusivo del bene, se non nel caso in cui si accerti l’instaurazione tra il coniuge assegnatario e il terzo di un rapporto tale da costituire un diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, ipotesi che ricorre quando il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero quando il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del nucleo familiare, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, dell’utilizzo del bene immobile da parte della famiglia (C. Cass. civ. 10/04/2019, n. 9990).
In sintesi, secondo la Corte di Cassazione:
- il diritto di abitazione del coniuge assegnatario della casa familiare prevale sul diritto dell’acquirente l’immobile di disporre della casa se quest’ultimo ha effettuato il suo acquisto con una “clausola di rispetto” della situazione abitativa in essere oppure abbia stipulato un contratto di comodato con coloro che occupano l’abitazione;
- quando non ricorrano questi presupposti, il diritto dell’acquirente prevale sul diritto di abitazione dell’assegnatario.

SOLUZIONE AL QUESITO
Alla luce delle considerazioni esposte, si osserva che è solo nel caso di cui all’art. 1810 del Codice civile, ovvero nel caso del comodato precario, connotato dalla mancata pattuizione di un termine e dalla impossibilità di eventualmente desumerlo dall’uso cui doveva essere destinata la cosa, che è consentito al comodante richiedere la restituzione secondo la sua volontà.
L’art. 1809 del Codice civile disciplina, invece, la restituzione nel comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consenta di stabilire la scadenza contrattuale.
Premesso ciò, escludendo i casi del comodato di famiglia e, quindi, nella diversa ipotesi di comodato ordinario precario, in applicazione dei citati princìpi della Corte di legittimità del 2016:
- il contratto di comodato stipulato dall’alienante in epoca anteriore al suo trasferimento non è opponibile all’acquirente del bene stesso, atteso che le disposizioni dell’art. 1599 del Codice civile non sono estensibili, per il loro carattere eccezionale, a rapporti diversi dalla locazione;
- l’acquirente a titolo particolare della cosa data in precedenza dal venditore in comodato non può, quindi, risentire alcun pregiudizio dall’esistenza di tale comodato e ha, pertanto, il diritto di far cessare, in qualsiasi momento, il godimento del bene da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa.
In sintesi, se viene alienata una cosa concessa in comodato, il comodatario non può far valere il proprio diritto verso il nuovo proprietario: questi può dunque pretendere che il comodatario cessi il suo utilizzo del bene e metta il nuovo proprietario nella condizione di poter pienamente disporre del bene in questione.

 

Dalla redazione