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22/09/2023

Interventi edilizi in pendenza del procedimento di condono

Il TAR Lazio-Roma ha ribadito che, in pendenza del procedimento di condono edilizio, non sono ammesse opere aggiuntive. Chiarimenti sul divieto di effettuare interventi sull'immobile oggetto di richiesta di sanatoria.

Il TAR Lazio ha respinto il ricorso avverso il diniego di condono edilizio per un immobile oggetto di importanti opere edilizie, implicanti la totale trasformazione del fabbricato, con un ampliamento di oltre mq. 200 attraverso la sopraelevazione per due livelli successive alla domanda di sanatoria. La pronuncia offre l’occasione per chiarire i limiti alla possibilità di effettuare interventi sull’immobile oggetto di richiesta di condono edilizio.

OPERE AGGIUNTIVE - TAR Lazio-Roma 18/09/2023, n. 13859 ha precisato che nei procedimenti di condono edilizio la domanda di condono è soggetta alla disciplina di favore vigente al momento della presentazione della domanda e tale disciplina trova applicazione laddove risulti in concreto inverata la fattispecie astratta da essa prevista.
Inoltre, la normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di condono, sicché i manufatti oggetto della richiesta, fino al momento dell'eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi.
Ne consegue che una volta presentata la domanda di condono, l’interessato non può modificare lo stato dei luoghi esistente al momento della presentazione della domanda e in relazione ai quali l’Amministrazione è chiamata a definire il procedimento attivato.

INTERVENTI IN PENDENZA DELLA SANATORIA - Sul tema si segnala un’altra recente sentenza del Consiglio di Stato (sent. C. Stato 10/03/2023, n. 2568) in cui i giudici hanno fornito interessanti chiarimenti sugli interventi effettuati in pendenza del procedimento di condono edilizio.

In particolare è stato affermato che, in pendenza di procedimento di condono di un manufatto, gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne la conservazione: essi non possono spingersi all'esecuzione di opere destinate a mutarne la struttura, i volumi, i prospetti, salvo che siano indispensabili - previa, in tal caso, necessaria preventiva interlocuzione con l'Amministrazione - al fine di consentire di stabilire quali siano i caratteri e le esatte dimensioni del manufatto abusivo per verificarne la condonabilità.
La normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive né finanche l'impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari, comportanti di fatto la qualificazione dell'intervento come sostituzione edilizia, venendo meno la continuità tra vecchia e nuova costruzione e l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di condono.
Pertanto, la presentazione della domanda di condono non autorizza l'interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta.

La ratio di tale orientamento risiede:
- da una parte, nella esigenza di evitare che le opere abusive vengano portate a ulteriore compimento: ciò per la ragione che il condono straordinario ex L. 47/1985 non si fonda sulla conformità delle opere alla normativa urbanistica vigente, ma costituisce espressione di una eccezionale rinuncia dello Stato a perseguire gli illeciti edilizi, a determinate condizioni: gli immobili condonati, pertanto, non possono costituire la base per successivi ampliamenti o ristrutturazioni;
- d’altra parte v’è anche la necessità di preservare lo stato originario delle opere oggetto di condono, per consentire all’Amministrazione di accertare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità e di concedibilità del beneficio, oltre che di valutare l’effettiva natura e portata dell’intervento da condonare.

Di conseguenza, l’art. 35 della L. 47/1985, che consente, dopo la presentazione della domanda di condono, il “completamento” delle opere alla condizione che l’interessato ne dia avviso all’amministrazione e produca una perizia giurata sullo stato dell’immobile, deve considerarsi norma di stretta interpretazione, la cui violazione innesta la presunzione che l’immobile oggetto di condono sia stato trasformato in modo tale da non consentire all’amministrazione di determinare in modo preciso la consistenza delle opere oggetto dell’abuso originario.
Spetta allora all’interessato dimostrare che l’intervento oggetto di condono è ancora riconoscibile ed è assolutamente conforme a quello rappresentato nella istanza di condono, essendo tale accertamento assolutamente necessario per la ulteriore procedibilità della domanda di condono e fermo restando che tutto quanto non sia ad essa riconducibile deve essere senz’altro demolito, in quanto non condonabile né sanabile, per definizione.

Dalla redazione