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Sent. C. Cass. 11/12/1992, n. 13109

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1. Edilizia ed urbanistica - Vedute - Art. 907, 1° e 2° c., C.c. - Vedute dirette ed oblique - Obbligo di rispettare la distanza di 3 metri - Veduta soltanto obliqua - Distanza da rispettare - Individuazione. 2. Edilizia ed urbanistica - Distanze - Sporto - Computabilità nella misurazione delle distanze - Esclusione - Condizioni - Dimensioni modeste e funzione ornamentale ed accessoria. 3. Edilizia ed urbanistica - Distanze - Azione per il rispetto - Sentenza che ordina l'eliminazione di intercapedine nociva - Scelta tra arretramento, costruzione in aderenza e richiesta di comunione col vicino - Limiti.
1. Dal collocamento del secondo comma col primo comma dell'art. 907 C.c. risulta che l'obbligo di mantenere la distanza di 3 m. anche dalla finestra da cui si esercita la veduta obliqua non può che riferirsi allo stesso soggetto di cui al primo comma, cioè al proprietario dell'unico fondo servente con la conseguenza che quando la veduta sia soltanto obliqua su di un fondo, il proprietario di questo non è tenuto a rispettare la distanza di 3 m., ma solo quella di 75 cm. dal più vicino lato della veduta. 2. Uno sporto può rientrare nel concetto di costruzione e costituire locus a quo per la misurazione delle distanze, purché per la sua struttura, dimensione ed ubicazione incida sulla consistenza volumetrica dell'edificio e dia luogo perciò alla possibilità di formazione di intercapedini dannose; pertanto, non possono riconoscersi tali caratteristiche alla sporgenza di un tetto spiovente che è per sua natura di modeste dimensioni e di entità trascurabile ed ha funzione meramente ornamentale ed accessoria, così da essere inidoneo a costituire un apprezzabile ampiamente dell'edificio in superficie e volume o di restringere apprezzabilmente lo spazio in caso di costruzioni a distanza e da poter essere eliminato senza danno in caso di costruzioni in appoggio od in aderenza. 3. L'ordine impartito dal giudice in sentenza al secondo costruttore di eliminare l'intercapedine nociva non pregiudica la facoltà di ottemperarvi mediante l'arretramento alla distanza legale, la costruzione in aderenza o la richiesta di comunione del manufatto del vicino, col solo limite, nel caso previsto dall'art. 875 C.c. di dover interpellare il vicino a norma del secondo comma di tale articolo e di doverne subire le scelte, salva la preclusione di ordine puramente processuale, una volta intervenuto il giudicato, di opporre l'anzidetta facoltà di scelta nel giudizio di esecuzione forzata della sentenza di condanna, potendosi pretendere ex adverso, in tale sede, la piena esecuzione ed attuazione del comando contenuto nella sentenza ove questa contenga l'ordine specifico di arretrare o di abbattere il manufatto, senza pregiudizio della facoltà di far valere la scelta in seguito, successivamente al ripristino della situazione antecedente.

2. Ved. Cass. 29 dicembre 1987 n. 9646 [R=W29D879646] (Sulla differenza tra lo sporto ed il corpo di fabbrica). 3. Ved. Cass. 2 agosto 1977 n. 3398[R=W2AG773398]. 1. 2. 3. Ved. Cass. 7 maggio 1988 n. 3393[R=W7MA883393], 14 gennaio 1980 n. 340[R=W14GE80340], 15 giugno 1979 n. 3376.[R=W15G793376]
C.c. artt. 875 e 907

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