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Sent. C. Stato 17/06/2014, n. 3092

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1. L'estinzione del reato deve essere dichiarata dal giudice. 2. Solo la P.A. può valutare la moralità dei concorrenti.
1. La riabilitazione del condannato e l'estinzione del reato, per essere rilevanti in sede di gara d'appalto, devono essere formalizzate in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione (cfr. fra le tante Autorità di vigilanza, Parere 21 maggio 2008, n. 162; Determinazione della Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici n. 1 del 2010; C. Stato V, 27 gennaio 2014, n. 400; C. Stato VI, n. 4019 del 2010). A tanto consegue che perché operi in materia di gare pubbliche la causa estintiva del reato è necessario che essa sia dichiarata dal giudice penale con pronuncia di accertamento costitutivo, con la conseguenza che, sino a quando non sia reso il formale provvedimento giudiziario, non può farsi riferimento al concetto di "reato estinto" (giurisprudenza consolidata: cfr. C. Stato V, 24 marzo 2011, n. 1800; C. Stato VI, 21 dicembre 2010, n. 9324; Id., 5 luglio 2010, n. 4243). L'estinzione del reato deve, invero, essere giudizialmente dichiarata, poiché il giudice dell'esecuzione è l'unico soggetto al quale l'ordinamento conferisce la competenza a verificare che siano venuti in essere tutti i presupposti e sussistano tutte le condizioni per la relativa declaratoria. Quindi, finché la dichiarazione di estinzione non sia stata pronunciata dall'autorità giudiziaria, non può ritenersi operante la previsione dell'art. 38, comma 2, del Codice dei contratti, che esenta dall'obbligo dichiarativo in relazione a condanne per reati dichiarati estinti, in quanto detta disposizione, secondo il suo tenore letterale, richiede che l'estinzione venga espressamente dichiarata. 2. In materia di cause di esclusione dalle gare per reati incidenti sulla moralità professionale, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della Pubblica amministrazione e deve essere valutata mediante la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato, non potendo il concorrente valutare da sé quali reati siano rilevanti ai fini della dichiarazione da rendere, ciò implicando un giudizio inevitabilmente soggettivo, inconciliabile con la finalità della norma. In sede di gara d'appalto i concorrenti non possono quindi operare alcun filtro in sede di dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'art. 38 del Codice dei contratti pubblici, relativamente alla indicazione delle condanne penali subite ed alla loro rilevanza sulla moralità professionale, che è riservata in via esclusiva alla stazione appaltante (cfr. da ultimo C. Stato V, 27 gennaio 2014, n. 400; Id., n. 1378 del 2013; cfr. anche la Determinazione n. 1 del 2010 della Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici). Né può operare nella specie il principio della irrilevanza del cd. “falso innocuo”, in quanto questo non è ravvisabile nel caso di omessa dichiarazione ex art. 38 del D. Leg.vo n. 163 del 2006 di condanne penali riportate dai legali rappresentanti dei concorrenti, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando a pena di esclusione (C. Stato V, 27 dicembre 2013, n. 6271). Solo se la dichiarazione sia resa sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorra in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del modello (ma ciò non risulta nel caso di specie), non può determinarsi l'esclusione dalla gara per l'incompletezza della dichiarazione resa (C. Stato III, 4 febbraio 2014, n. 507). Le censure in esame quindi apprezzate vanno respinte.

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