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Deliberaz. G.R. Puglia 13/11/1989, n. 6320

Criteri per la formazione degli strumenti urbanistici e per il calcolo del fabbisogno residenziale e produttivo.
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[Premessa]



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Allegato - Criteri per la formazione degli strumenti urbanistici e per il calcolo del fabbisogno residenziale e produttivo

A. La formazione del regolamento edilizio comunale

1. Premessa

Per l’attuazione della prima parte dell’ultimo comma dell’art. 51 legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 ove si dispone che "la Giunta Regionale, sentita la competente Commissione consiliare, stabilisce i criteri per la formazione dei regolamenti edilizi comunali".

I problemi tecnico-giuridici sottostanti al richiamato inciso normativo sono numerosi e di non semplice soluzione.

Come è ben noto i regolamenti edilizi sono una peculiare manifestazione dell’autonomia normativa degli enti minori, di guisa che se è vero che intanto essa è riconosciuta esistente in quanto ha una base in principi o disposizioni dell’ordinamento, per converso non può essere conculcata oltre i limiti risultanti dalle stesse norme di rango superiore che quella sfera di autonomia ha determinato.

Ciò comporta che la Regione non può predisporre ed imporre norme regolamentari valide ed operanti per tutti gli enti territoriali minori: questa è, infatti, la ratio per cui la legge regionale n. 56/1980 si riferisce a "criteri per la formazione" di regolamenti.

Sennonché, dopo la formulazione dei "criteri" di cui appresso, bene gli uffici tecnici della Regione potranno elaborare uno "schema di regolamento edilizio tipo" ove trasfondere il loro contenuto e che i Comuni - fermo il fatto che dovranno comunque conformarsi ai criteri - saranno liberi di far proprio.

Tanto assolverà ad un duplice ordine di scopi:

- da un canto di rendere i criteri più facilmente comprensibili ed applicabili evitando interpretazioni contraddittorie;

- dall’altro canto di sopperire ad esigenze sempre propugnate dai cultori della materia urbanistica: predisporre una base unitaria su cui potranno stratificarsi, poi, le ulteriori norme dettate dalla necessità di adeguarsi alle singole situazioni locali.

Il momento dell’unificazione e della omogeneizzazione è, invero, una costante rinvenibile nell’ordinamento generale, nella prassi, nella concreta e recente esperienza di altre realtà regionali.

Prima di passare a dettare in concreto i "criteri" vi sono, ancora, due temi generali di fondo su cui è necessario porre l’accento: il primo attiene al problema dei conflitti tra regolamento edilizio ed i piani urbanistici; il secondo concerne i contenuti necessari ed eventuali dei regolamenti edilizi.

Quanto ai casi di conflitto fra regolamenti e piani essi sono ipotizzabili in non poche materie così come si espunge da un esame dell’art. 33 della legge fondamentale del 1942; la loro soluzione è stata data dalla giurisprudenza - che li ha ritenuti entrambi atti di natura normativa - nel senso di far prevalere l’ultimo nel tempo fra i due atti.

Di contrappunto, la dottrina ha riconosciuto, invece, al piano urbanistico natura di atto amministrativo subordinando cosi, le norme del regolamento alle previsioni dei piani per quanto concerne la sistemazione del territorio.

In questo contesto ha operato la normazione primaria della Regione Puglia che, con una scelta precisa, ha contribuito a chiarificare i rapporti tra i due atti: l’art. 15 della legge regionale n. 56/1980 ha, infatti inserito i regolamenti edilizi tra gli "elaborati" di cui deve essere dotato il Piano Regolatore Generale, vanificando cosi le ipotesi di conflitto.

Si è mirato in tal modo a non creare una rigida ripartizione di tipo tradizionale tra regolamento e piano, ma uno strumento in funzione servente del Piano Regolatore che in concreto contribuisca a determinare i modi di godimento e uso del territorio: il regolamento edilizio, in definitiva, cosi come disegnato dalla legge regionale, è uno strumento che completa e integra sotto svariati profili (non meramente legati alla attività costruttiva) lo strumento di pianificazione primaria.

Il fatto stesso che il regolamento debba essere approvato non autonomamente, ma nell’alveo del Piano Regolatore Generale e sottoposto alle medesime procedure di approvazione, evidenzia la stretta integrazione tra i due strumenti, il loro concorrere al medesimo fine, l’intento del legislatore regionale di evitare discrasie.

Quanto al problema dei contenuti dei regolamenti di cui dovranno dotarsi i Comuni unitamente al PRG, essi si rinvengono nel citato art. 15 che prevede un elenco non tassativo e ben diverso dalla enumerazione di cui all’art. 33 della legge urbanistica del 1942.

Emerge, dunque, ex lege, la struttura fondamentale delle materie (la non tassatività non significa, per come è organizzata la norma, mera indicazione delle materie, ma contenuto minimo inderogabile al quale potranno, poi, aggiungersi altri contenuti che le esigenze concrete delle realtà locali sono suscettibili di generare) da disciplinare con il regolamento.

Da ultimo non può non rilevarsi come la norma di cui all’art. 51 della legge regionale n. 56/1980 sia stata (nelle forme e nei contenuti) una intuizione urbanistica anticipatrice dei tempi.

Di recente, infatti, la legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) stabilisce all’art. 25, tra l’altro, che le Regioni "entro centottanta giorni dalla presente legge emanano norme che ...b) definiscono criteri ed indirizzi per garantire l’unificazione ed il coordinamento dei regolamenti edilizi comunali, nonché per accelerare l’esame delle domande di concessione e di autorizzazioni edilizie".

Tale inciso normativo se da una parte conferma l’analisi sopranzi svolta in ordine alla autonomia regolamentare dei Comuni e sui modi ed i limiti di intervento regionale; dall’altro con una fonte di rango superiore a quella regionale (una vera e propria legge cornice) finisce con il legittimare la potestà regionale di dettare "criteri ed indirizzi" che, precedentemente, in assenza di tale disposto, avrebbe potuto anche sollevare qualche riserva di costituzionalità; ed, infine, per dettare una concreta "direttiva" concernente la necessità di accelerare l’efficienza amministrativa nel vaglio delle istanze autorizzatorie e concessorie.

Quest’ultima "linea guida" (unitamente ad altre che vanno dalla semplificazione delle procedure, alla partecipazione del "privato" nel procedimento amministrativo, cui sospinge la cultura giuridica e la legislazione), in attesa dell’emanazione di un testo unico regionale di riordino del Settore, è stata anticipata e ritradotta nei criteri di cui appresso.


2. I criteri


A. Formazione funzionamento e attribuzione delle commissioni

I - Formazione delle Commissioni:

1) I Comuni, in funzione delle loro dimensioni e necessità, hanno la facoltà di poter articolare la commissione consultiva nelle commissioni urbanistica ed edilizia. Ove l’ente territoriale sia di rilevanti dimensioni ed abbia una "comprovata" e "notevole" dinamica urbanistico-edilizia tale bipartizione è obbligatoria.

Ulteriori articolazioni della Commissione (ad esempio: per il centro storico, per l’arredo urbano) saranno ammissibili ove lo richiedano particolari specificità dei luoghi.

2) Ciascuna Commissione - nominata dal Consiglio Comunale - dovrà essere composta aggregando eventuali ulteriori membri al seguente nucleo base:

a) Il Sindaco o l’Assessore delegato che la presiede;

b) un Consigliere di maggioranza;

c) un Consigliere di minoranza;

d) il Capo dell’ufficio tecnico comunale, in caso di sua assenza o impedimento un tecnico comunale delegato dallo stesso;

e) un ingegnere scelto tra una terna proposta dal competente ordine professionale;

f) un architetto scelto tra una terna proposta dal competente ordine professionale;

g) un procuratore legale o avvocato, con specifica competenza in diritto amministrativo, scelto tra una terna proposta dal competente ordine professionale;

3) nei Comuni ove leggi statali e regionali, piani territoriali e/o il P.R.G. individuino aree sottoposte a tutela paesaggistica-ambientale la Commissione dovrà comprendere nel nucleo base anche un laureato in ingegneria o architettura, segnalato dai competenti ordini professionali, con documentata formazione e/o esperienza nel settore.

Nell’eventuale ampliamento del nucleo base i Comuni devono scegliere i componenti tecnici delle Commissioni entro le categorie indicate dalla lettera p) dell’art. 51 L.R. n. 56/1980 (tra terne proposte dai competenti ordini professionali) in funzione delle particolari necessità urbanistiche ed edilizie locali e dei vincoli che incidono sul territorio.

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