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17/04/2024

Utilizzo dell’immobile prima del collaudo e certificato di idoneità statica

La Corte di Cassazione ha fornito indicazioni sul reato di cui all’art. 75, D.P.R. 380/2001 che punisce chiunque consente l'utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo. Nella pronuncia chiarimenti anche sulla prescrizione del reato in caso di rilascio del certificato di idoneità statica dell’edificio.

C. Cass. pen. 12/03/2024, n. 10235 si è pronunciata nell’ambito di una fattispecie in cui i tre ricorrenti erano stati condannati per il reato di cui all’art. 75, D.P.R. 380/2001, per avere, nelle qualità rispettive, i primi due, di amministratori della ditta proprietaria e costruttrice e, il terzo, di progettista e direttore dei lavori, realizzato un complesso immobiliare in totale difformità dalla concessione di lottizzazione.
I costruttori, tra gli altri motivi di ricorso, lamentavano la mancata dichiarazione di prescrizione del reato in conseguenza della vendita degli immobili, ovvero dal rilascio del certificato di idoneità statica avvenuto nel 2015, che avrebbe comportato la cessazione della condotta antigiuridica addebitabile agli imputati.
Il direttore dei lavori sosteneva di non essere il destinatario della norma, che individua come soggetto attivo del reato solo colui il quale consenta l'utilizzazione delle costruzioni, con ciò intendendo il soggetto che ha la disponibilità del bene e la facoltà di farne uso, e di non aver partecipato alla vendita degli immobili.

CERTIFICATO DI COLLAUDO STATICO - Secondo l’art. 67 del D.P.R. 380/2001, completata la struttura con la “copertura” dell’edificio, il direttore dei lavori ne dà comunicazione all’ufficio regionale competente ed al collaudatore, il quale ha 60 giorni di tempo per effettuare il collaudo. Il collaudo deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto, iscritto all'Albo da almeno 10 anni, che non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell'opera. In corso d'opera possono essere eseguiti collaudi parziali motivati da difficoltà tecniche e da complessità esecutive dell'opera, fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni (art. 65-67, D.P.R. 380/2001).
Il deposito del certificato di collaudo statico equivale al certificato di rispondenza dell’opera alle norme tecniche per le costruzioni e deve essere allegato alla Segnalazione certificata di agibilità (a meno che non si tratti di opere minori o prive di rilevanza per le quali il certificato di collaudo è sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione dei lavori resa dal direttore dei lavori - art. 24, D.P.R. 380/2001; art. 67, D.P.R. 380/2001).

Chiunque consente l’utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo è punito con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da 103 a 1032 euro (art. 75, D.P.R. 380/2001).

PERMANENZA DEL REATO - Con riferimento alla data di consumazione del reato (da cui decorrono i termini per la prescrizione), la Corte di Cassazione ha ribadito che l’illecito di cui all'art. 75, D.P.R. 380/2001 ha natura di reato permanente a condotta mista in quanto comprende:
- da un lato, un aspetto commissivo costituito dall'utilizzazione dell'edificio e
- dall'altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all'autorità competente.
Ne deriva che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide:
- con il momento di dismissione dell'utilizzo dell'immobile, oppure
- con il collaudo (v. anche C. Cass. pen. 15/02/2022, n. 5307; C. Cass. pen. 03/11/2011, n. 1411).

RESPONSABILITÀ DEL DIRETTORE DEI LAVORI - Oltre al costruttore, committente o proprietario dell’immobile, il reato è configurabile anche a carico del direttore dei lavori. Quest'ultimo, in qualità di primo garante della sicurezza, è soggetto all'obbligo specifico di inibire l'utilizzazione dell'edificio prima del rilascio del certificato di collaudo. Ne consegue che la sua responsabilità è configurabile a prescindere dalla sua partecipazione attiva alla fase della commercializzazione delle unità immobiliari sprovviste del certificato di collaudo (v. anche C. Cass. pen. 08/06/2011, n. 22291).

CERTIFICATO DI COLLAUDO E CERTIFICATO DI IDONEITÀ STATICA - I giudici hanno inoltre ricordato che in linea generale, una certificazione/dichiarazione di idoneità statica non equivale al certificato di collaudo, e formalmente non ne costituisce equipollente, essendo quest'ultimo il prodotto di una serie di obblighi e regole normativamente ben determinati, relative alla qualificazione dei tecnici e della loro anzianità professionale, dei costruttori, dei materiali, della tipologia degli esami e delle ispezioni, ecc.. In realtà, la dichiarazione di idoneità statica contiene le stesse considerazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale, vale a dire, gli stessi elementi che portano il tecnico estensore, su sua responsabilità, al proprio convincimento sulla sicurezza delle opere strutturali della costruzione, di quelli contenute nel certificato di collaudo statico. Pertanto, conduce alle medesime conclusioni sostanziali. E' un fatto però che il citato art. 24, D.P.R. 380/2001 espressamente prevede che per la certificazione di agibilità per gli interventi di nuova costruzione, ricostruzioni o sopraelevazioni di edifici, sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, sia presente il certificato di collaudo statico, ai sensi dell'art. 67, D.P.R. 380/2001. Nella procedura di segnalazione certificata di agibilità quindi si prevede solo la richiesta di collaudo statico, senza nessuna alternativa. 
Ne deriva che, qualora il legislatore regionale (nel caso di specie art. 17, L.R. Marche 17/2015) stabilisca una equipollenza tra certificato di collaudo statico e certificazione o dichiarazione di idoneità statica, la produzione postuma di quest’ultima, non determina alcun effettivo estintivo in sanatoria - a differenza di quanto prevede il combinato disposto degli artt. 36 e 45, D.P.R. 380/2001 per le violazioni edilizie - ma ha tuttavia indubbio riflesso sotto il profilo del momento di cessazione della permanenza del reato di cui all'art. 75, D.P.R. 380/2001.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha affermato che in virtù dell’equipollenza prevista dalla Regione Marche, in assenza della prova della dismissione dell'utilizzo dell'immobile, il dies a quo della decorrenza della prescrizione coincideva con la data del rilascio del certificato di idoneità statica avvenuto nel 2015. Pertanto, il termine di prescrizione (5 anni) era maturato nel 2020, in data antecedente alla pronuncia di condanna. Sulla base di tali considerazioni ha dichiarato il reato estinto per prescrizione, con conseguente annullamento della sentenza impugnata.

Dalla redazione