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Manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia

Un approfondimento pratico che illustra come individuare quali siano le opere che rientrano nelle varie fattispecie.
ONERIZERO

1. PREMESSA
Nei miei primi due articoli pubblicati a febbraio ed aprile da Legislazione Tecnica, abbiamo parlato dapprima di ristrutturazione edilizia e poi di fiscalizzazione. Ci eravamo ripromessi che successivamente avremmo cambiato completamente argomento, ma invece - a seguito delle numerose segnalazioni di miei lettori - ONERIZERO ha deciso di tornare sull’argomento “INTERVENTI EDILIZI” per tentare di chiarire come possa essere risolto il problema dell’ascrivibilità delle tantissime (e varie) opere alle diverse tipologie edilizie previste dalla legislazione vigente.
Vi accorgerete, leggendo questo articolo, che il metodo è diametralmente opposto a quello che più comunemente viene usato, ovvero di “infilare” le opere, soprattutto quelle che fanno sorgere dubbi, nella tipologia edilizia “più importante” perché in questo modo ci si sente più tranquilli di non sbagliare. Peccato che in questo modo si commettano degli errori anche macroscopici - o comunque gravi - che finiscono, il più delle volte, per deformare l’inquadramento giuridico e di conseguenza toppare sul regime edilizio da applicare con ovvie conseguenze sul contributo di costruzione o sulle sanzioni effettivamente dovute.

2. LE DEFINIZIONI
È quantomai necessario richiamare le definizioni delle tipologie edilizie previste dalla legislazione nazionale, tenuto presente che, in sede di eventuale recepimento da parte delle regioni a statuto ordinario, il legislatore regionale può incidere, più o meno significativamente, sulla loro classificazione.
Si potrebbe dire: ma non serve riscriverle, basta aprire il TU 380/2001. Sbagliato. L’errore principale che si commette è di non avere a disposizione il testo di legge e soprattutto di NON LEGGERE e, se utile, RILEGGERE, la norma.
Perché durante tutti - ribadisco tutti - i corsi di formazione tenuti negli ultimi anni in questi tre anni e mezzo, è risultato evidente che i partecipanti, a domanda, traevano le loro risposte andando “a memoria”. Ma nulla di più sbagliato si potrebbe fare, perché nemmeno il più illustre dei giuristi risponde “a memoria”! Per cui, quando serve valutare un caso, bisogna APRIRE SEMPRE la legge o le leggi che servono e rileggerle anche se lo avete fatto non più tardi del giorno prima.
NON BISOGNA, inoltre, MAI DIMENTICARE che secondo la giurisprudenza costituzionale “la definizione degli interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia concorrente del Governo del Territorio vincolando la legislazione regionale di dettaglio (sentenza n. 303 del 2003; in seguito, sentenze n. 259 del 2014, n. 171 del 2012; n. 309 del 2011). Cosicché pur non essendo precluso al legislatore regionale di esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali, tale esemplificazione, per essere costituzionalmente legittima, deve essere coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell’edilizia” (Corte Costituzionale n. 231/2016).

Ma andiamo al TU 380/2001 e alle definizioni degli INTERVENTI EDILIZI sul preesistente che si “limitano” ad una parte dell’art. 3 e dell’art. 10 del testo di legge. Per agevolare la lettura, diversamente da come ha fatto il legislatore, si andrà a capo ad ogni nuovo capoverso con un capolettera in evidenza; anche solo con questo piccolo accorgimento, renderà più semplice la comprensione. Anche se nel caso della ristrutturazione edilizia “pesante” avrei suggerito al legislatore qualche interpunzione in più.

MANUTENZIONE STRAORDINARIA (MS - art. 3, c. 1, lett. b) del TUE)

Le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico.

Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d' uso.

Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO (RRC - art. 3, c. 1, lett. c) del TUE)

Gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi.

Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.

 

RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA cd “leggera” (REL - art. 3, c. 1, lett. d) del TUE)

Gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.

L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.

Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettera c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.

RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA cd “pesante” (REP - art. 10, c. 1, lett. c) del TUE)

Gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettera c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.

 

Ma, allo stesso tempo, non bisogna ASSOLUTAMENTE DIMENTICARE le previsioni del 2° e 3° comma dell’art. 10 del TUE:

2.Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività.

3.Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44.

 

Infatti, da lì sorgono - solo a livello regionale - alcune classificazioni che possono avere un peso significativo sull’assegnazione di alcune categorie di opere all’una o all’altra tipologia edilizia. Come anche eventuali redistribuzioni delle opere ad un titolo abilitativo edilizio oppure ad un altro cioè a Permesso di Costruire oppure a SCIA o CILA, con le significative ricadute a livello contributivo e soprattutto sanzionatorio. Vedasi in particolare la RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA ed il CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO (CDU).
Nel caso del CDU, si invita a leggere l’articolo pubblicato sulla pagina web di ONERIZERO che spiega un po’ meglio come vada affrontata questa complessa tematica. Qui di seguito il link: https://onerizero.it/2023/07/04/il-cambio-di-destinazione-duso/

3. COME SI PUO’ PROCEDERE PER DETERMINARE LA TIPOLOGIA EDILIZIA DELLE OPERE
Torniamo a quanto si diceva in premessa, ovvero ad identificare un metodo per alleggerire il compito di rintracciare quale sia la TIPOLOGIA EDILIZIA a cui ascrivere le opere di cui occorre chiedere l’autorizzazione o la regolarizzazione.
Il procedimento che si suggerisce è il seguente:

A)innanzitutto indagare se a livello regionale esistono delle norme o dei regolamenti che forniscono un elenco di opere collegandole ad una specifica “tipologia edilizia”. Verificare anche se il legislatore ha assegnato alle relative tipologie edilizie uno specifico titolo abilitativo edilizio e, soprattutto, quale.
Non è assolutamente detto che quello che vale per la regione dove si abita valga per la regione contermine dove magari si opera professionalmente.
Un esempio eloquente sono gli articoli 134, 135, 136 e 137 della LR 65/2014 Regione Toscana, che è possibile visionare direttamente a questo url: https://www.legislazionetecnica.it/1386695/normativa-edilizia-appalti-professioni-tecniche-sicurezza-ambiente/l-r-toscana-10-11-2014-n-65/legge-urbanistica
Il legislatore regionale toscano ha compiuto un lavoro piuttosto certosino di classificazione delle opere alle relative tipologie edilizie e al titolo edilizio correlato, agevolando non poco il lavoro degli operatori di settore. Ma non è così in tutte le regioni;

B)se sono state rintracciate e classificate le opere dalla lettura della normativa regionale è bene, ma se non è ancora risolto il problema potrebbe risultare utile la lettura della normativa regolamentare comunale, ma solo se questa normativa risulti compatibile con la legislazione nazionale e/o regionale.
Infatti, può capitare che la normativa regolamentare sia piuttosto antiquata o più semplicemente superata dalla copiosa normativa nazionale e regionale che ha, con ogni probabilità, reso irrilevante la classificazione delle opere effettuata dal Comune.
Si ricordi sempre chel’ultimo comma dell’art. 3 del TUE dispone che “Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”. Questo significa che le eventuali definizioni regolamentari non coerenti con il TUE sono inapplicabili.
Quindi, quando occorre effettuare questa attività, meglio non tirare fuori dal cassetto il TUE che avete stampato 5 o 10 anni fa, perché - come spesso accada - certamente si sbaglierebbe tutto. In estrema sintesi, le eventuali norme regolamentari risultano soccombenti rispetto l’aggiornamento o la modifica - peraltro piuttosto frequente - delle definizioni degli interventi edilizi di cui all’art. 3 del TUE;

C)se si ha la “sfortuna” di ricadere in una regione dove la classificazione delle opere non è così puntualmente elencata come in Toscana, allora la questione diventa più complessa da dirimere anche se, dal nostro punto di vista, il TUE è scritto piuttosto bene.
Certamente non si può andare a casaccio né, men che meno, ad intuito, la strada che è indicata dal legislatore nazionale - laddove la regione non abbia ancora sviluppato una normativa classificatoria delle opere o non abbia comunque svolto un recepimento del TUE - è quella di partire dal presupposto che se le opere stanno “nel meno” NON BISOGNA ascriverle “al più”, come si vede fare troppe volte.
Questo cosa significa?
Significa che se determinate opere rientrano agevolmente nella definizione meno gravosa, ad esempio la MS, non bisogna pensare che vada bene uguale classificarle come RE solo perché così ci si sente più sicuri. SAREBBE UN CLAMOROSO ERRORE. Peraltro, con delle molto probabili conseguenze giuridiche ed economiche.
Cerchiamo di spiegarlo meglio con un paio di CASI a titolo ESEMPLIFICATIVO.

CASO 1
Opere di riqualificazione interna anche di tipo strutturale ma non di demolizione integrale, con inserimento di impianti tecnologici e servizi igienici nuovi, il frazionamento dell’unità immobiliare originaria in tre unità, con l’inserimento di un distributivo diverso dei vani, nonché la trasformazione di un vano tecnico e di un vecchio vano ascensore in una cucina ed un soggiorno. Non ci sono modifiche prospettiche né cambio di destinazione d’uso e l’intervento ricade in ZTO “B”;
* leggendo attentamente le definizioni ricomprese nell’art. 3, lettere b), c) e d), si scopre che tali opere - valutate NELLA LORO INTEREZZA - rientrano agevolmente nella MANUTENZIONE STRAORDINARIA;
* serve leggere o sapere qualcosa d’altro o è sufficiente così?
* non servono necessariamente altre informazioni, perché la definizione di MS è sufficiente per comprendere che tutte le opere elencate rientrano in tale categoria. Se rientrano qui non vi è alcun bisogno di verificare gli altri interventi edilizi di categoria superiore;
* mentre per il titolo abilitativo edilizio dobbiamo scoprire se le opere possono essere “autorizzate” con CILA o SCIA, dato che il Permesso di Costruire è riservato agli interventi rientranti nell’art. 10 del TUE o delle eventuali ulteriori categorie decise dalla regione;
* la presenza di opere strutturali vi dice con chiarezza che si rientra nella SCIA e non nella CILA (art. 22, c.1, lett. a) e b) del TUE).

CASO 2
Edificio con integrale demolizione e ricostruzione, dove viene eseguito un parziale cambio di destinazione d’uso da artigianale a residenziale ed il passaggio da una a due unità immobiliari sempre residenziali. L’edificio viene integralmente ricomposto sia nella sagoma che nel sedime. Non vi è modifica del volume ma l’intervento ricade all’interno del vincolo paesaggistico di cui al D.Lgs. 42/2004;
* per capire come classificarlo è sufficiente così o manca qualcosa?
* partiamo dal presupposto che la presenza di una integrale demolizione e ricostruzione non può rientrare nella MS come nemmeno nel RRC.
Ci rimangono, a questo punto la REL e REP. Vorremmo precisare che tale intervento - salvo precise disposizioni normative regionali che comunque troverebbero una difficile giustificabilità - non potrà configurarsi come “nuova costruzione” perché il TUE non prevede questa opzione nemmeno alla lettera e), dell’art. 3, c.1. E non prevedendola non la potete inventare. Recentemente ho avuto modo di scrivere un articolo esattamente su questo argomento: https://onerizero.it/2023/03/08/la-ristrutturazione-edilizia-attraverso-demolizione-e-ricostruzione/
Per cui, come già precisato molte volte, meglio non avventurarsi in “interpretazioni a piacere” perché:
1) svolgere una interpretazione significa usare i principi interpretativi previsti dal diritto (se volete, date un occhio a questo mio articolo che vi potrà aiutare a farlo eventualmente nel modo corretto - https://onerizero.it/2020/08/21/interpretazione-della-norma/)
2) l’interpretazione non è una pratica per tutti. È necessario essere giuridicamente preparati o essere uno dei soggetti preposti a svolgere questa attività;
* a questo punto, per comprendere se si tratta di una REL o REP bisogna entrare nel merito della ZTO dove è collocato l’intervento nonché di che tipo di vincolo paesaggistico stiamo parlando dato che nella REL, in questo momento, vanno ricompresi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con un involucro planivolumetrico diverso dall’esistente, se questi:
* non ricadono in ZTO “A”, perché qui è presente un CDU;
* ricadono in zone paesaggistiche di cui all’art. 136, comma 1, lettera c) e d), e all’art. 142 del TU 42/2004;
mentre molti saranno stati protesi a qualificare le opere come ristrutturazione edilizia pesante (REP) in ragione della ricomposizione integrale del manufatto e del fatto che si è collocati in zona paesaggistica.

Ma, come sempre, prima BISOGNA LEGGERE, perché tra una RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA LEGGERA ed una PESANTE vi è un abisso dal punto di vista procedurale, contributivo e sanzionatorio.

*****

Vi invitiamo ancora una volta a visionare la pagina web di ONERIZERO - https://onerizero.it/ - come anche le numerose pubblicazioni esistenti sulla pagina dedicata https://onerizero.it/pubblicazioni/ presente all’interno.

Troverete diversi articoli che trattano il tema della ristrutturazione ed anche della manutenzione straordinaria. Anche a confronto.

Purtroppo, non tutta la giurisprudenza ci aiuta nella comprensione. Dato che una parte dei giudici tende a trascinare verso una visione - per chi scrive “arcaica” - delle tipologie edilizie nel tentativo inspiegabile di irrigidire l’evidente intento del legislatore di sgravare sui procedimenti per agevolare la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

 

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