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06/07/2023

La caparra confirmatoria a tutela del promissario acquirente

Cosa accade se l’acquirente riscontra difformità nell’immobile promesso in vendita rispetto a quello descritto nel preliminare? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

Nella compravendita immobiliare riveste ruolo determinante il contratto preliminare di compravendita con il quale una parte si impegna a trasferire un bene immobile ad un determinato prezzo entro una certa data convenuta tra le parti. È prassi consolidata che il promittente venditore, a garanzia della solidità dell’impegno assunto dal promissario acquirente e dell’esecuzione del contratto chieda il versamento di un importo a titolo di caparra confirmatoria da imputare a prezzo in caso di perfezionamento del contratto definitivo.
Tuttavia, in caso di inadempimento del promittente venditore occorre, di volta in volta, valutare il diritto dell’avvenuto recesso del promissario acquirente e, conseguentemente, il riconoscimento di un importo pari al “doppio” della caparra confirmatoria.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale

VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DELL’INADEMPIMENTO - Nella compravendita, a norma dell’art. 1490 del Codice civile, il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’utilizzo cui è destinata ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
L’art. 1495 del Codice civile prevede che il compratore deve denunciare al venditore i vizi entro il termine di decadenza di otto giorni dalla loro scoperta e deve agire in giudizio entro il termine di prescrizione di un anno dalla consegna. Questi termini, e l’onere della loro tempestiva denuncia, presuppongono che sia avvenuto il trasferimento del diritto di proprietà (C. Cass. civ. 11/10/2013, n. 23162).
Diversamente, in caso di stipulazione di un contratto preliminare di vendita, anche nel caso in cui sia prevista la consegna dell’immobile prima della stipula dell’atto definitivo di vendita, se l’acquirente scopre l’esistenza di vizi della cosa non è necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 1495 del Codice civile per la denuncia dei vizi della cosa venduta.
In presenza di preliminare, quindi, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente ad opporre la “exceptio inadimpleti contractus” (eccezione di inadempimento) al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita, altresì, a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore, ovvero la condanna di quest’ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa (C. Cass. civ. 16/02/2015, n. 3028).

CAPARRA CONFIRMATORIA - La caparra è un elemento confirmatorio che dimostra soprattutto l’impegno da parte dell’acquirente, ma non è obbligatoria. La proposta, per essere valida, deve solo essere accettata nei tempi e nei modi stabiliti dal venditore.
Triplice è dunque la funzione della caparra confirmatoria:
- di conferma del contratto,
- di anticipo della prestazione
- e, soprattutto, di indennizzo preventivo per l’eventuale inadempimento o per il ritardo.
Come precisato dall’art. 1385, comma 2 del Codice civile:
- se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra;
- se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Dunque, la caparra confirmatoria, al pari della clausola penale stipulata per il caso di inadempimento, rivelano il comune intento di indurre l’obbligato all’adempimento e, pertanto, ambedue possono coesistere nell’àmbito dello stesso contratto.
I due istituti, tuttavia, differiscono sull’applicazione: giacché la caparra confirmatoria trova applicazione quando, per effetto del recesso, il contratto non possa essere più adempiuto, mentre la clausola penale è applicabile laddove colui che non è inadempiente preferisca domandare l’esecuzione del contratto o la risoluzione (C. Cass. civ. 29/112022, n. 35068).
Quindi, la caparra confirmatoria assume la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso conferitole dalla legge, essendo così legittimata a ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata, mentre qualora essa parte abbia preferito domandare la risoluzione o l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno rimane regolato dalle norme generali, onde il pregiudizio subito dovrà in tal caso essere provato nell’an e nel quantum, conservando la caparra solo la funzione di garanzia dell’obbligazione risarcitoria (C. Cass. civ. 24/01/2002, n. 849).

LA PRESENZA DEI VIZI - I vizi che l’acquirente può scoprire sono di vario tipo:
- “documentale”, ossia relativi, ad esempio, all’assenza di ipoteche, servitù o pignoramenti che possano pregiudicare i diritti dell’acquirente;
- “catastale /urbanistico”, ossia divergenza tra lo stato di fatto e le planimetrie catastali, mancanza di titoli edilizi e presenza di opere abusive;
- o vizi sullo stato di fatto dell’immobile, ossia presenza di difetti più o meno gravi.
L’obbligo del venditore è, infatti, quello di fornire un bene immune da vizi e in regola con le normative urbanistiche vigenti. In tal caso, se l’acquirente riscontrasse la difformità dell’immobile rispetto a quello descritto nel preliminare o la presenza di vizi, e dunque l’inadempimento e la responsabilità contrattuale del venditore, potrebbe recedere dal contratto chiedendo il doppio di quanto già versato senza dover provare di aver subìto un danno.
In tal caso, la dazione del doppio di quanto versato (che però deve essere stato versato e non basta la consegna di un assegno non incassato) è automatica: detto pagamento assolve la funzione di risarcimento del danno (Trib. Firenze 07/01/2014, n. 24).

IRREGOLARITÀ EDILIZIE DELL’IMMOBILE PROMESSO IN VENDITA - Le irregolarità edilizie che emergano successivamente alla stipulazione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare ed al versamento della caparra confirmatoria al momento della sottoscrizione del preliminare, attribuiscono al promissario acquirente il diritto di recesso trattandosi di vizi presenti già al momento della stipulazione del preliminare di vendita e di cui il venditore ne aveva garantito l’insussistenza.
Pertanto, accertata la legittimità del recesso, ne deriva il diritto dell’acquirente ad ottenere la restituzione del doppio della caparra versata (Trib. Pavia 16/12/2008, n. 821: ritiene il Tribunale che le irregolarità edilizie, effettivamente presenti anche al momento della stipulazione del contratto preliminare, siano da sole sufficienti a giustificare il recesso dell’attore. Esse costituiscono veri e propri vizi del bene promesso in vendita di cui era stata garantita l’insussistenza al momento della stipulazione contrattuale. Nessun rilievo assume, differentemente, la non conoscenza degli stessi da parte dei convenuti essendosi gli stessi espressamente impegnati a garantire assenza di vizi e, quindi anche la regolarità edilizia, del bene promesso in vendita. L’inadempimento, pertanto è imputabile e colpevole).

VALUTAZIONE DEL GIUDICE SULLA LEGITTIMITÀ DEL RECESSO - Ai fini della legittimità del recesso di cui all’art. 1385 del Codice civile, come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall’art. 1455 del Codice civile: il giudice deve tenere conto dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto (C. Cass. civ. 20/05/2020, n. 9226: i giudici hanno giustificato il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo di conformità alla concessione edilizia).
Inoltre, i giudici hanno sostenuto che la presenza di opere edilizie abusive e non sanabili di un immobile oggetto di un contratto preliminare di compravendita, assume rilevanza in ordine alla legittimità del recesso operato dal promissario acquirente e, dunque, al suo diritto di ottenere il doppio della caparra versata (Trib. Brindisi 18/06/2020, n. 765).
Infine, è stato riconosciuto il diritto alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria in caso di negata concessione del mutuo per colpa imputabile all’esclusivo inadempimento del venditore (Trib. Torino 24/04/2009, n. 3172: nella specie, l’istituto di credito, in sede di perizia, aveva riscontrato un aumento di volume dell’immobile oggetto del contratto di compravendita, sicché aveva richiesto, al fine dell’erogazione del relativo finanziamento, l’acquisizione della concessione edilizia e del progetto approvato. L’inadempimento del venditore ha legittimato la negazione del mutuo e il diritto al doppio della caparra).

SOLUZIONE AL QUESITO
L’acquirente ha interesse ad acquistare un immobile idoneo ad assolvere a funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene. Premesso ciò, a seguito di contratto preliminare, in caso di inadempimento del venditore o della presenza di vizi nell’immobile:
- se è prevista una caparra confirmatoria, l’acquirente può recedere dal contratto chiedendo il doppio di quanto già versato senza dover provare di aver subìto un danno;
- se, invece, si vuole richiedere il risarcimento del danno subìto poiché maggiore del doppio della caparra, occorre provare il danno;
In sintesi, in caso di pattuizione di caparra confirmatoria, ai sensi dell’art. 1385 del Codice civile, la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento della controparte, può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro:
a) recedere dal contratto e esigere il doppio della caparra, avvalendosi della funzione tipica dell’istituto che è quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, così determinando l’estinzione ope legis di tutti gli effetti giuridici del contratto;
b) oppure chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 del Codice civile, ed il risarcimento dei conseguenti danni, da provare a norma dell’art. 1223 del Codice civile.

Nota: Proposta la domanda di risoluzione volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni asseritamente subiti, non è più ammissibile la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione di caparra poiché verrebbe così a vanificarsi la stessa funzione della caparra, quella cioè di consentire una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta ad evitare l’instaurazione di un giudizio contenzioso.

 

Dalla redazione