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07/07/2023

Cambio d’uso da residenziale a ufficio, condono e versamento degli oneri concessori

Secondo il TAR Lazio, la sanatoria riferita al cambio di destinazione da uso abitativo a uso professionale presuppone il pagamento degli oneri concessori.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente aveva acquistato un appartamento con destinazione residenziale che il precedente proprietario aveva adibito a studio professionale. L’acquirente aveva continuato ad utilizzare l’immobile come studio professionale, senza peraltro effettuare opere allo scopo, né modificare in alcun modo la superficie, la volumetria e le caratteristiche dell’appartamento. Per sanare tale situazione presentava domanda di condono ai sensi del D.L. 269/2003 e della L.R. Lazio 12/2004, versando l’oblazione nella misura forfettaria prevista dalle suddette normative per la tipologia di abuso relativa alle “opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superfici e di volume”.
L’Amministrazione accoglieva la domanda, subordinando la sanatoria al pagamento anche degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per una somma di oltre 50.000 euro.

LA TESI DEL RICORRENTE - Il professionista contestava tale quantificazione, in quanto:
- era stata effettuata utilizzando il metodo di calcolo previsto per le ristrutturazioni edilizie abusive (abuso di cui alla tipologia n. 3 dell’allegato 1 del D.L. 269/2003), anziché il diverso metodo di calcolo - più favorevole al ricorrente - previsto per le opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume (abuso di cui alla tipologia n. 6 del medesimo allegato);
- il cambio di destinazione d’uso, ove realizzato come nel caso di specie in assenza di nuove opere e senza alcuna variazione di superficie o volume, non potrebbe sussumersi nella fattispecie della ristrutturazione edilizia.

TIPOLOGIA DI OPERE ABUSIVE SUSCETTIBILI DI SANATORIA - Per l’applicabilità del c.d. terzo condono edilizio previsto dall’art. 32 del D.L. 269/2003, conv. dalla L. 326/2003, si fa riferimento all’allegato I del medesimo Decreto che individua le seguenti tipologie di interventi suscettibili di sanatoria:
- Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del D.L. 269/2003;
- Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all'art. 2 del D.M. 02/04/1968, n. 1444;
- Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. c), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all'art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.

OBBLIGO DI VERSAMENTO DEGLI ONERI CONCESSORI - In proposito il TAR Lazio-Roma 19/06/2023, n. 10392 ha innanzitutto affermato che, ai fini della configurazione della “ristrutturazione edilizia”, l’insieme di opere che sfociano in un organismo edilizio diverso non presuppone necessariamente un aumento di superfici o volumi.
Tanto premesso, con riferimento alle modifiche effettuate dal precedente proprietario, è stato spiegato che le opere murarie consistenti nella redistribuzione degli spazi interni con cambio di destinazione d’uso da residenziale a professionale non possono che essere ricondotti alla tipologia di abuso n. 3, e cioè agli interventi di ristrutturazione edilizia, non potendo essi qualificarsi né come nuove costruzioni, né come attività di manutenzione straordinaria, né tanto meno come attività di restauro o risanamento conservativo (vedi anche Modifica destinazione d’uso in manutenzione straordinaria dopo il D.L. 76/2020).
Ciò risulta confermato anche dalla consolidata giurisprudenza amministrativa a rigore della quale il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio, anche se eseguito senza opere, soggiace al permesso di costruire, e ciò al pari della ristrutturazione edilizia c.d. “pesante. Ed infatti è stato ricordato che:
- tale cambio produce un aggravio di carico urbanistico oggettivamente incontestabile;
- le categorie “residenziale” e “studio professionale” non sono tra loro omogenee (potendo la seconda al più ricondursi nella categoria “commerciale”, quindi una categoria comunque diversa da quella residenziale).

Pertanto, se il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio è soggetto al permesso di costruire (con conseguente necessità di applicare gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione), va da sé che il provvedimento con cui tale cambio di destinazione viene condonato ex post non può non applicare i suddetti oneri concessori.

Dalla redazione