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12/12/2022

Termine ragionevole per l'annullamento in autotutela del permesso di costruire

Il Consiglio di Stato ha chiarito i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio del titolo edilizio (nel caso di specie un permesso di costruire rilasciato dieci anni prima).

FATTISPECIE - Il ricorrente contestava l’annullamento, in via di autotutela, del permesso di costruire in sanatoria rilasciato dieci anni prima e il conseguente ordine di demolizione di alcune opere consistenti in una struttura prefabbricata/tettoia in legno ad uso residenziale, una copertura con una struttura precaria e provvisoria in legno della caldaia, nonché un locale tecnico. Il permesso era stato annullato a seguito degli accertamenti della Guardia di Finanza che aveva rilevato la presenza di riproduzioni fotografiche di interventi successivi al 31/03/2003, termine ultimo stabilito dalla disciplina del condono per la sanabilità degli abusi.
Dal provvedimento comunale emergeva come il condono sarebbe stato ottenuto attraverso dichiarazioni e documenti falsi circa la data di ultimazione delle opere.

PRESUPPOSTI DEL POTERE DI ANNULLAMENTO E ONERE DI MOTIVAZIONE - In proposito C. Stato 18/11/2022, n. 10186 ha ribadito che i provvedimenti di annullamento in autotutela sono attratti all’alveo normativo dell’art. 21-nonies della L. 241/1990, il quale ha riconfigurato il relativo potere attribuendo all’Amministrazione un coefficiente di discrezionalità che si esprime attraverso la valutazione dell’interesse pubblico in comparazione con l’affidamento del destinatario dell’atto. I presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titolo edilizio sono costituiti pertanto dall'originaria illegittimità del provvedimento, dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari.

In particolare, in materia edilizia, il potere di autotutela deve essere esercitato dall'Amministrazione competente entro un termine ragionevole e supportato dall'esternazione di un interesse pubblico, attuale e concreto, alla rimozione del titolo edilizio tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso, ha riposto, con la realizzazione del progetto, un ragionevole affidamento sulla regolarità dell'autorizzazione edilizia. Di conseguenza l'Amministrazione deve indicare non solo gli eventuali profili di illegittimità, ma anche le concrete ragioni di pubblico interesse, diverse dal mero ripristino della legalità in ipotesi violata, che inducono a porre nel nulla provvedimenti che, pur se illegittimi, abbiano prodotto i loro effetti.

In applicazione di tali principi il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistente nel caso di specie il difetto di istruttoria e di motivazione in quanto il provvedimento di annullamento non presentava la necessaria congrua motivazione sul pubblico interesse - ulteriore rispetto al mero dato della presunta illegittimità - in comparazione con quello privato ad esso contrapposto, costituito dalla conservazione dell’atto nel rispetto dell’affidamento ingeneratosi, dovuto al decorso di un notevole lasso di tempo dal rilascio del titolo abilitativo.

DICHIARAZIONI NON VERITIERE - Anche con riguardo alla falsità delle dichiarazioni, il Consiglio ha rilevato l’assenza di un approfondimento istruttorio autonomo. Sul punto i giudici hanno, tra l’altro, ricordato che le rappresentazioni non veritiere non determinano l'insorgenza di un interesse in re ipsa dell'Amministrazione al ripristino della legalità violata, in quanto l’asserito “mendacio” non obbliga l'Amministrazione all'esercizio dei poteri inibitori e repressivi invocati, che, presupponendo la non conformità dell'atto alle vigenti norme edilizie e urbanistiche, richiede anche la ricorrenza dell'ulteriore presupposto dell'interesse pubblico al ritiro dell'atto, valutato tenendo anche conto degli interessi privati in gioco.

RAGIONEVOLEZZA DEL TERMINE - Infine, con particolare riferimento alla ragionevolezza del termine trascorso dal rilascio del titolo, i giudici hanno affermato che se il termine di diciotto mesi (ridotti a dodici dall'art. 63, comma 1, del D.L. 31/05/2021, n. 77) è applicabile solo per i provvedimenti adottati successivamente alla entrata in vigore della L. 124/2015, resta salva l'operatività anche per i periodi precedenti del “termine ragionevole”, con la conseguenza che la novella non può non valere come prezioso indice ermeneutico ai fini dello scrutinio dell'osservanza della regola di condotta in questione.
Tale ragionevolezza risultava assente nel caso in esame, laddove l’atto di ritiro era stato adottato dieci anni dopo il titolo annullato, e rispetto alla quale risultava confermata la dedotta carenza di istruttoria e di conseguente motivazione.

Dalla redazione