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14/10/2022

Fiscalizzazione abusi, calcolo della sanzione e conversione dei volumi in superfici

Il Consiglio di Stato fissa il metodo di calcolo della sanzione irrogata ai sensi dell’art. 34, D.P.R. 380/2001 (c.d. fiscalizzazione) in caso di abusi edilizi consistenti in incrementi meramente volumetrici. Nella pronuncia indicazioni sul meccanismo tecnico di “conversione” della volumetria in superficie al fine di determinare l’ammontare della sanzione.

C. Stato 23/09/2022, n. 8170, in riforma della pronuncia di primo grado, spiega le regole per quantificare la fiscalizzazione, ritenendo tecnicamente corretto il metodo utilizzato dall’amministrazione che, nel convertire i volumi in superficie, aveva applicato il criterio dei 3/5 stabilito dalla L. 47/1985 per il calcolo dell’oblazione.

FATTISPECIE E TESI DEL TAR - Nel caso di specie gli interventi abusivi consistevano nella illegittima realizzazione di maggiore altezza del fabbricato e nella violazione delle distanze dal confine. L’amministrazione, ritenendo le opere non sanabili e non suscettibili di demolizione senza pregiudizio per le parti in conformità, irrogava la sanzione ai sensi dell’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001, convertendo la volumetria abusiva in superficie.
In particolare, il Comune aveva applicato il seguente procedimento:
1. definizione del costo unitario di produzione;
2. determinazione della superficie abusiva, calcolata in base alla conversione del volume abusivo;
3. moltiplicazione del costo unitario di produzione per l’intera superficie illegittima.

Il TAR invece riteneva che, in assenza di norme specifiche dettate dal legislatore per gli incrementi di volumetria senza aumento di superficie, la sanzione non fosse applicabile.

APPLICAZIONE DELLA SANZIONE - Il Consiglio di Stato, di contrario avviso, ha puntualizzato che la scelta legislativa relativa alla fiscalizzazione di cui all’art. 34, D.P.R. 380/2001 non consiste nell’abdicare dal sanzionare la difformità dal titolo edilizio ma, al contrario, nel sostituire la misura reale (demolizione) con una sanzione pecuniaria variamente calibrata a seconda dell’uso dell’immobile. L’ordinamento esige, quindi, una risposta sanzionatoria, non consentendo di discostarsi da tale proposito se non nei casi espressamente previsti dallo stesso legislatore cui solo compete di stabilire, modulare o escludere la pretesa punitiva.

APPLICAZIONE DEI PARAMETRI EX L. 392/1978 - Tali considerazioni conducono, secondo il Consiglio di Stato, a ritenere non condivisibile la tesi del giudice di primo grado che, dalla ritenuta insussistenza di regole specifiche volte a quantificare la sanzione in caso di incrementi meramente volumetrici, giungeva a ritenere non sanzionabili tali ipotesi.
In realtà, secondo il Consiglio di Stato, l’art. 34, D.P.R. 380/2001 consente comunque di determinare il trattamento sanzionatorio per ipotesi come quelle in esame seppur con i necessari adeguamenti imposti dalla peculiarità della fattispecie. Infatti la previsione opera un rinvio in senso materiale alla L. 392/1978 (Legge sull’equo canone) riferito ad una specifica metodologia di calcolo del costo di produzione degli immobili, al di là ed indipendentemente dall’attuale loro vigenza nella materia delle locazioni urbane.
Pertanto le regole racchiuse nella L. 392/1978 costituiscono il punto di riferimento necessario per la determinazione della sanzione, secondo una precisa scelta legislativa che, non può essere elusa con interpretazioni non aderenti a tale dato normativo di riferimento.

CONVERSIONE DEL VOLUME IN SUPERFICIE, REGOLA DEI 3/5 - Ciò posto, i parametri di calcolo posti negli artt. 14 e 22, L. 392/1978 sono calibrati su incrementi di superfici con la conseguente necessità - onde non operare una indebita disapplicazione della regola di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001 - di individuare un meccanismo tecnico di “conversione” della volumetria illegittima in superficie al fine di determinare il quantum debeatur.
A tal fine è stato ritenuto corretto il ricorso alla regola dei 3/5 contenuta nella nota 1 alla tabella allegata alla L. 47/1985 secondo cui qualora, per la tipologia dell’abuso realizzato, si debba fare riferimento al volume, l’ammontare dell’oblazione con riferimento alla superficie deve essere diviso per 5 e moltiplicato per 3.
L’Amministrazione aveva infatti moltiplicato la maggiore altezza del fabbricato per la superficie totale del piano sottotetto e determinato la superficie in misura pari a 3/5 del volume. Secondo il Consiglio di Stato l’uso di tale parametro tecnico da parte dell’Amministrazione non poteva ritenersi né arbitrario né irragionevole. Infatti, si tratta di un criterio che tempera le conseguenze sanzionatorie che deriverebbero ove si operasse una mera moltiplicazione del costo di produzione per i metri cubi in eccesso; in secondo luogo, si tratta di criterio che consente di “agganciare” le ipotesi di abusi consistenti in incrementi volumetrici alle regole dettate dalla L. 392/1978 alla quale la previsione di cui all’art. 34, comma 2, del D.P.R. 380/2001 rinvia.

ALTRI METODI - Per tali motivi, il meccanismo prescelto dall’amministrazione risulta, secondo il Consiglio, preferibile rispetto ad altri due metodi adottati in alcune precedenti pronunce dei Tribunali amministrativi.

Il primo metodo consisterebbe nel moltiplicare il costo di produzione per i metri cubi realizzati in eccesso, senza conversione in superficie. Tale soluzione non tiene, comunque, conto della differenza tecnica tra volume e superficie e risulta, quindi, meno preferibile rispetto all’elaborazione del Comune appellante che, come già spiegato, tempera le conseguenze sanzionatorie in ragione della diversità tra i due elementi fisici.

Il secondo meccanismo consisterebbe nella riduzione del costo di produzione in misura proporzionale all’altezza illegittima concretamente rilevata partendo dalla misura di metri tre a cui è fissata l’altezza su cui si calcola tale costo. Questo meccanismo risulta, tuttavia, slegato da dati normativi e, in particolare, dalle regole di cui alla L. 392/1978 a cui l’art. 34, comma 2, D.P.R. 380/2001 rinvia.

CONCLUSIONI - In sostanza, il percorso seguito dall’Amministrazione con l’applicazione della regola dei 3/5 risulta maggiormente aderente sia alle previsioni legali contenute nella L. 392/1978 che alle necessità di tener conto della differenza tra superficie e volume modulando ed attenuando la pretesa punitiva senza, tuttavia, elidere la possibilità di sanzionare l’incremento volumetrico illegittimo che, come detto, deve ritenersi non consentita dall’ordinamento.
Con l’applicazione di tale regola, il Comune aveva dunque operato un temperamento dei criteri per la determinazione della sanzione secondo i principi di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza, in quanto:
a) la “conversione” della volumetria in superficie secondo la proporzione dei 3/5 mira ad adeguare la pretesa sanzionatoria al differente elemento fisico illegittimamente realizzato;
b) la riduzione insita nel criterio dei 3/5 realizza un temperamento della pretesa che tiene conto della diversità tra i due elementi anche sotto il differente incremento di valore che superficie e volumetria realizzano;
c) il criterio dei 3/5 non costituisce indebita applicazione analogica di previsione estranea all’ambito normativo in esame, ma un criterio tecnico ragionevolmente utilizzato dall’amministrazione nell’ambito della propria discrezionalità al fine di “tradurre” nel caso concreto le previsioni di cui alla L. 392/1978.

Dalla redazione