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13/09/2022

Parere di congruità del compenso professionale: natura, funzioni e impugnabilità

Il parere di congruità dell’Ordine professionale sulla parcella è indispensabile per l’emissione del decreto ingiuntivo a favore del professionista, ma in nessun caso è atto pregiudizievole per il cliente. Esso può peraltro essere vanificato o ribaltato soltanto a seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo e in esito al giudizio di merito che si instaura.

Nota a cura di:
Legislazione Tecnica Area Consulenza

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Secondo TAR Piemonte 7 aprile 2022, n. 329, l’impugnazione proposta dal cliente contro il parere di congruità di una parcella rilasciato dal competente ordine professionale in vista di una eventuale procedura monitoria (decreto ingiuntivo) non può essere ammissibile per difetto d’interesse; seguendo la dominante e consolidata giurisprudenza, infatti, il parere di congruità ha la sola funzione di precostituire la prova scritta necessaria al professionista per proporre ricorso per decreto ingiuntivo e non ha alcun effetto vincolante per il giudice civile (cfr. TAR Lombardia, Sez. III, 1 settembre 2020, n. 1626; TAR Sicilia, Sez. IV, 10 aprile 2019, n. 782; TAR Calabria, Sez. II, 7 marzo 2018, n. 580; TAR Toscana, Sez. II, 5 luglio 2012, n. 1268).
Sempre secondo TAR Piemonte 7 aprile 2022, n. 329, il cliente (del professionista) potrà contestare la congruità della parcella redatta dal professionista solo promuovendo opposizione all’eventuale decreto ingiuntivo, se e quando questo verrà emesso (TAR Catania, Sez. IV, 10 aprile 2019, n. 782), e questo a prescindere dal parere di congruità reso dal Consiglio dell’Ordine.

La pronuncia è interessante sotto un doppio profilo:
* da una parte pone chiarezza sulla natura e funzione dell’opinamento della parcella;
* dall’altra chiarisce la posizione di legittimazione del cliente ad impugnare il provvedimento di opinamento.

Relativamente alla natura dell’opinamento, in via preliminare si evidenzia che è un provvedimento del Consiglio dell’Ordine e come tale è atto un amministrativo; secondo l’orientamento dominante [1], il provvedimento di opinamento non è un mero atto di certificazione, ma concretizza l’esercizio di un potere discrezionale, autoritativo, idoneo ad incidere sulle posizioni di terzi.
Allo stesso tempo, però, il provvedimento di opinamento non è ex sé atto idoneo a produrre effetti verso il cliente del professionista che l’opinamento ha richiesto, ma anzi, in considerazione della natura pubblicistica dell’Ordine professionale, esso ha la finalità di assicurare una vigilanza sulla correttezza (i.e. congruità) del compenso alla prestazione svolta. In questo senso si è espressa un’autorevole Cassazione a Sezioni Unite [2] secondo cui il parere di congruità “corrisponde ad una funzione istituzionale dell’organo professionale in vista degli interessi degli iscritti e della dignità della professione, nonché dei diritti degli stessi clienti, ed è volto ad impedire richieste di onorari sproporzionati e comunque inadeguati all’obiettiva importanza dell’opera professionale”.
È agevole dedurre, quindi, che il parere di congruità in nessun caso è atto pregiudizievole per il cliente.

Relativamente invece alla funzione, va evidenziato che il parere è atto dell’Ordine necessario al professionista per la richiesta di decreto ingiuntivo finalizzato al pagamento del compenso, ma va anche segnalato che, una volta presentato il ricorso per decreto ingiuntivo, il parere di congruità esaurisce ogni effetto.
Proprio questo è stato ribadito recentemente dal TAR Lombardia [3], ma prima ancora dalla costante Cassazione [4], secondo cui  “Il consolidato orientamento di questa Corte ha sempre sostenuto che, in tema di compenso per prestazioni professionali, non è affatto vincolante il parere espresso dal Consiglio dell’ordine di appartenenza, le cui funzioni devono intendersi limitate al campo amministrativo, essendo sempre riservato al giudice di sindacare la liquidazione anche nel merito, allorché sia sorta controversia sulla misura dei compensi. In particolare, nella materia della liquidazione degli onorari degli avvocati, (…) il parere del competente Consiglio dell’Ordine era volto solo ad attestare la conformità in astratto della parcella alla tariffa, senza vincolo per il giudice circa l’effettività della prestazione. Mentre, perciò, ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo a norma dell’art. 636 c.p.c., la prova dell’espletamento dell’opera e dell’entità delle prestazioni può essere utilmente fornita con la produzione della parcella e del relativo parere della competente associazione professionale, tale documentazione non è più sufficiente nel giudizio di opposizione, il quale si svolge secondo le regole ordinarie della cognizione”.

Volendo pertanto sintetizzare i principi rievocati dal TAR Piemonte 7 aprile 2022, n. 329, ma già evidenziati nel tempo dalla giurisprudenza:
* il parere reso dal consiglio dell’Ordine sul compenso di un professionista ha un valore essenziale di prova nel giudizio monitorio, essendo indispensabile per l’emissione del decreto ingiuntivo a favore del professionista;
* il parere può essere vanificato o ribaltato soltanto a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo e in esito al giudizio di merito che si instaura: nel procedimento di merito, infatti, la parcella professionale, pur munita di vidimazione del Consiglio dell’Ordine, si qualifica come una semplice dichiarazione (unilaterale) del professionista che, pertanto, è tenuto a provarne la sua correttezza e congruità in relazione all’incarico svolto (cfr. Cass. Civ. 17 maggio 2012, n. 7764);
* in considerazione del ragionamento appena svolto, e della circostanza che l’opinamento -per tutto quanto detto- è un mero atto di parte, ben si comprende la carenza di legittimazione ad agire del cliente dinanzi al Giudice amministrativo, come appunto affermato dal TAR nella pronuncia in esame.

[1] Cfr. in tal senso Cass. civ., S.U., 12 marzo 2008, n. 6534; Cass. civ., S.U., 24 giugno 2009, n. 14812, a cui hanno fatto seguito pronunce del Giudice Amministrativo, C. Stato 12/12/2009, n. 8749; C. Stato 23/12/2010, n. 9352.
[2] Cass. civ., S.U., 12 marzo 2008, n. 6534.
[3] TAR Lombardia, Sez. III, 1 settembre 2020, n. 1626.
[4] Cass. civ. 16 dicembre 2016, n. 26065.

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