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27/06/2022

Revisione dei prezzi dell'appalto pubblico

La revisione dei prezzi dell'appalto pubblico si applica solo in caso di proroga del contratto e non nell’ipotesi di rinegoziazione con conseguente rinnovo dello stesso.

Il TAR Campania-Napoli 16/06/2022, n. 4095 ha ribadito che la revisione dei prezzi dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione si applica soltanto alle proroghe contrattuali in senso proprio e non anche a tutti gli atti, comunque successivi al contratto originario, con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario.

RATIO DELL’ISTITUTO - I giudici hanno spiegato che la ratio della revisione dei prezzi è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore per mantenere inalterato il c.d. sinallagma funzionale, che non sussistono allorquando il rapporto, nel rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, sia consensualmente rinegoziato.
Ne deriva che la revisione non ha alcuna ragion d'essere laddove la prosecuzione del rapporto contrattuale trovi la sua fonte in una rinnovata manifestazione di volontà negoziale delle parti, la quale sottende il riconoscimento della adeguatezza del corrispettivo pattuito ai fini della congrua remunerazione della prestazione contrattuale.

DISTINZIONE TRA PROROGA E RINNOVO - In particolare, al fine di distinguere tra proroga e rinnovo, la giurisprudenza amministrativa ha, poi, chiarito come:
- la prima consista nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario,
- il secondo comporti, invece, una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può anche concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali.
La rinnovazione si contraddistingue, pertanto, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni, di talché, per il periodo in cui l'espletamento del servizio è proseguito in virtù di apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale, si determina uno iato con il contratto originario ed il nuovo periodo contrattuale si configura, pertanto, come autonomo rispetto al precedente.
Di conseguenza, non può trovare applicazione il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale della ditta di rendere il servizio anche al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo.

DISCIPLINA EX ART. 106, CODICE DEGLI APPALTI E TUTELA DELL'APPALTATORE - Per completezza è stato aggiunto che l’attuale art. 106 del D. Leg.vo 50/2016, diversamente dal previgente art. 115 del D. Leg.vo 163/2006, rimette oggi alla discrezionalità della stazione appaltante la scelta di inserire o meno nei bandi di gara una clausola di revisione periodica del prezzo. Tale disciplina è stata ritenuta compatibile con il diritto comunitario dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 19 aprile 2018, C 152/17, laddove si è affermato che la Direttiva 2004/17/CE e i principi generali ad essa sottesi non ostano a norme di diritto nazionale che non prevedano la revisione periodica dei prezzi dopo l'aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale Direttiva.
Ciò peraltro non comporta che, in presenza di una espressa esclusione negli atti di gara di ogni ipotesi di revisione del prezzo, l'impresa appaltatrice rimanga sprovvista di mezzi di tutela nel caso in cui si verifichi un aumento esorbitante dei costi del servizio in grado di azzerarne o comunque di comprometterne in modo rilevante la redditività. Nel corso del rapporto, infatti, anche in presenza di una previsione escludente della legge di gara, qualora si verifichi un aumento imprevedibile del costo del servizio in grado di alterare il sinallagma contrattuale rendendo il contratto eccessivamente oneroso per l'appaltatore, questi può sempre esperire il rimedio civilistico di cui all'art. 1467 c.c., chiedendo la risoluzione del contratto di appalto per eccessiva onerosità sopravvenuta, alle condizioni previste dalla norma e, ovviamente, con azione proposta dinanzi al giudice competente.

Dalla redazione