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09/06/2022

Ricostruzione di edifici crollati, ristrutturazione edilizia e piano casa

Secondo il TAR Lazio, il concetto di ristrutturazione edilizia di cui al D.P.R. 380/2001 è applicabile anche all’edificio che non esiste più, di cui però si possa ricostruire la consistenza originaria mediante un’indagine tecnica. Nella pronuncia chiarimenti anche sulla disciplina del piano casa del Lazio.

FATTISPECIE - Nel caso di specie la ricorrente contestava il diniego del permesso di costruire per la ricostruzione di un edificio crollato per eventi bellici, con aumento della volumetria ai sensi dell’art. 4, L.R. Lazio 21/2009 (Legge sul piano casa). Secondo il Comune tale articolo, che disciplina i casi di “sostituzione edilizia” tramite demolizione e ricostruzione, non è applicabile agli edifici non più esistenti.  

NOZIONE DI RISTRUTTURAZIONE - In proposito TAR Lazio-Latina 27/05/2022, n. 505 ha in primo luogo rilevato che, come osservato dalla ricorrente, in base al dettato normativo regionale non è possibile rilevare un esplicito riferimento alla necessità di una fisica esistenza dell’immobile oggetto della sostituzione edilizia.
Ciò posto il TAR ha condiviso l’interpretazione secondo la quale la nozione di “ristrutturazione” di cui all’art. 3, D.P.R. 380/2001, vincolante anche per il legislatore regionale, accanto alla originaria e primigenia matrice meramente conservativa (intesa come insieme sistematico di opere sull'esistente volta alla formazione di un corpo edilizio strutturalmente e funzionalmente innovativo), ricomprende al suo interno interventi ben più radicali, quali il ripristino di edifici demoliti o crollati e la demolizione-ricostruzione, i quali devono in generale, nelle aree non urbane o vincolate, mantenersi rispettosi unicamente del volume preesistente, potendo modificarsi in sede di intervento tutti gli altri elementi identificativi dell’immobile precedente: sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.

SUPERAMENTO DELL’INDIRIZZO TRADIZIONALE - Sul punto è stato ricordato l'orientamento più recente del Consiglio di Stato (C. Stato 03/10/2019, n. 6654) secondo il quale, a seguito della modifica dovuta al D.L. 69/2013 che ha inserito nella lett. d) del comma 1 dell’art. 3, D.P.R. 380/2001 il riferimento agli interventi “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione”, questi ora rientrano nel concetto di ristrutturazione “purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Il legislatore ha ormai espressamente equiparato all’intervento di contestuale demolizione e ricostruzione proprio quello di “ripristino di edifici crollati o demoliti”, accomunati dalla medesima finalità di contenimento del consumo di suolo.
Rispetto al regime previgente, quindi, il concetto di ristrutturazione è stato allargato al caso di edificio che più non esiste, di cui però la consistenza originaria si può ricostruire, evidentemente con un’indagine tecnica, ipotesi che la giurisprudenza in precedenza escludeva (vedi C. Stato 05/12/2016, n. 5106).

L’indirizzo tradizionale, secondo cui per aversi ristrutturazione edilizia sarebbe comunque necessaria la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, cioè di un fabbricato dotato di quelle componenti essenziali - murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura - idonee come tali ad assicurargli un minimo di consistenza (così da determinare lo scorrimento nella diversa categoria delle “nuove costruzioni” degli interventi di ricostruzione di “ruderi”, vale a dire residui edilizi inidonei a identificare i connotati essenziali dell'edificio), sembra destinato al superamento, alla luce della inequivocabile equiparazione normativa tra “demolizione e ricostruzione” e “ripristino di edifici crollati e demoliti”, ovviamente purché anche di questi sia rinvenibile traccia e sia, come detto, accertabile l’originaria consistenza con un'indagine tecnica.

CONCLUSIONI - Nel caso di specie la preesistenza del manufatto era comprovata dall’attuale stato dei luoghi - muri ciechi e testimoni di attesa sulle pareti degli edifici adiacenti - e dalla sua presenza nell’elenco dei “beni distrutti” del Comune. Inoltre l’immobile era stato demolito da eventi bellici e dunque non necessitava di titolo edilizio in quanto anteriore al 1967 (vedi Immobili ante 1967, quando è necessario il titolo edilizio).
In conclusione il TAR ha affermato che:
- l’immobile era ricostruibile nella sua consistenza con adeguata analisi storico-tecnica;
- il concetto di “sostituzione edilizia” di cui all’art. 4, L.R. Lazio 21/2009 ben può integrarsi con quello di “ristrutturazione” di cui all’art. 3, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. d).
Il ricorso è stato pertanto accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di diniego.

Dalla redazione