FAST FIND : FL6788

Flash news del
29/12/2021

Appalti pubblici - Contestazione in Cassazione della sentenza del Consiglio di Stato

La Corte di giustizia UE si pronuncia sulla possibilità (o meno) di impugnare una sentenza del Consiglio di Stato davanti alla Corte di Cassazione.

RIFERIMENTI NORMATIVI - L’ottavo comma dell’art. 111 della Costituzione dispone che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Tale disposizione è riprodotta anche dagli artt. 360 e 362 del Codice di procedura civile, nonché dagli artt. 6 e 110, D. Leg.vo 104/2010 (Codice del processo amministrativo) secondo i quali il Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa e il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

FATTISPECIE E QUESTIONE PREGIUDIZIALE - Nel caso di specie si trattava di una procedura di gara per un appalto pubblico da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di individuare un’agenzia per il lavoro cui affidare la somministrazione temporanea di personale. Era prevista una soglia di sbarramento per le offerte tecniche, con esclusione degli offerenti che avessero conseguito un punteggio inferiore. Un concorrente, escluso per tale motivo, proponeva ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato che però respingeva l’appello.
La società esclusa, a questo punto, impugnava la sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, sostenendo che:
- il giudice amministrativo avesse violato il diritto UE e in particolare il suo diritto a un ricorso effettivo, sancito segnatamente dall’art. 1 della Direttiva 89/665/CEE (che disciplina le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici) e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
- la violazione del diritto a un ricorso effettivo sarebbe uno dei motivi inerenti alla “giurisdizione” per i quali l’ordinamento italiano (vedi sopra), e in particolare l’art. 111, comma 8 della Costituzione ammette il ricorso in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato.
La Corte di Cassazione ha rinviato alla Corte UE la questione, chiedendo se la limitazione della possibilità di ricorrere in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato sia in contrasto con i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva imposti dal diritto dell’Unione e quindi con l’unità e l’efficacia di tale diritto.

CONSIDERAZIONI DELLA CORTE UE - La Corte europea, con la sentenza del 21/12/2021, causa C-497/20, ha affermato che spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali dei rimedi giurisdizionali, a condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività). Il diritto dell’Unione, infatti, in linea di principio, non osta a che gli Stati membri limitino o subordinino a condizioni i motivi che possono essere dedotti nei procedimenti per Cassazione, purché siano rispettati i suddetti principi di effettività e di equivalenza. Sul punto la Corte UE ha ritenuto che il diritto italiano non violi tali principi né in via generale, né nel settore particolare dell’aggiudicazione di appalti pubblici, dal momento che i singoli hanno accesso, nel settore interessato, a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge.

Pertanto la norma italiana che impedisce che le valutazioni di merito effettuate dal supremo organo della giustizia amministrativa (Consiglio di Stato) possano ancora essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo non può essere considerata una limitazione del diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Tuttavia, ha proseguito la Corte UE, in una situazione di contrasto con le norme europee, il rimedio contro la violazione della Direttiva 89/665/CEE derivante dalla giurisprudenza del supremo giudice amministrativo consiste nell’obbligo, per ogni giudice amministrativo dello Stato membro interessato, compreso lo stesso supremo giudice amministrativo, di disapplicare tale giurisprudenza non conforme al diritto dell’Unione e, in caso di inosservanza di un tale obbligo, nella possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per inadempimento contro tale Stato membro. I singoli che siano stati eventualmente lesi dalla violazione del loro diritto a un ricorso effettivo a causa di una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, possono inoltre far valere la responsabilità di tale Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni relative al carattere sufficientemente qualificato della violazione e all’esistenza di un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subìto dal soggetto leso.

CONCLUSIONI - Alla luce di tali considerazioni la Corte UE ha affermato che non è in contrasto con il diritto europeo la disposizione del diritto nazionale che produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa (Consiglio di Stato) nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo.

Dalla redazione