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22/12/2021

Accordi tra privati in deroga alle norme sulle distanze tra costruzioni

Gli accordi tra privati non possono derogare alle norme sulle distanze tra costruzioni e dal confine previste dagli strumenti urbanistici. La violazione di tali disposizioni regolamentari comporta l’invalidità dell’accordo anche nei rapporti interni tra i proprietari confinanti e la facoltà del vicino di chiedere la riduzione in pristino.

FATTISPECIE - Nel caso di specie nei contratti di compravendita di due lotti era stata costituita una servitù reciproca a costruire a confine in favore dell’altro lotto, derogando così convenzionalmente alle distanze previste per le costruzioni dal confine. Uno dei proprietari costruiva un box a distanza di 5 metri dall’altro edificio e a ridosso del muro di confine. Il ricorrente lamentava la violazione dei limiti di distanza previsti dalle NTA del PRG che:
- da un lato, consentivano di costruire sul confine di proprietà in presenza di un accordo tra i proprietari confinanti a mezzo di atto trascrivibile;
- dall’altro, subordinavano tale effetto ad una espressa previsione delle norme del Piano regolatore e, comunque, al “rispetto delle distanze tra pareti finestrate” (di 10 metri ai sensi del D.M. 1444/1968).

INVALIDITÀ DEGLI ACCORDI IN DEROGA AGLI STRUMENTI URBANISTICI - Il TAR Abruzzo-L’Aquila, con la sentenza 06/12/2021, n. 543, ha affermato che le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze sono invalide; e ciò in quanto le norme contenute nei regolamenti comunali che prevedono distanze delle costruzioni dal confine rivestono carattere assoluto ed inderogabile, atteso che non mirano soltanto ad evitare intercapedini dannose o pericolose, ma anche a tutelare l'assetto urbanistico di una determinata zona e la densità degli edifici.

Il TAR ha spiegato che le norme sui distacchi minimi fra edifici, in particolare, hanno natura ambivalente, essendo preordinate sia alla tutela di interessi dei proprietari finitimi (compendiabili nella nozione di "maggiore fruibilità dell'immobile") sia alla tutela dell'interesse pubblico ad un corretto e "sano" sviluppo urbanistico della città, per cui il Comune, in sede di rilascio del permesso di costruire, è tenuto a verificare il rispetto delle norme sulle distanze minime fra edifici.
Le eventuali clausole di carattere derogatorio delle distanze legali incidono soltanto con riferimento al rispetto delle norme sulle distanze tra le costruzioni o tra queste ed i terreni confinanti, contenute nel Codice civile (come quelle contenute per es. negli artt. 873 e 905 c.c.), poiché tali norme sono derogabili per usucapione o mediante convenzione - la quale in tali casi costituisce un vero e proprio diritto di servitù perché arreca una menomazione per l'immobile che avrebbe diritto alla distanza legale - in quanto la predetta normativa del Codice civile ha lo scopo di tutelare i reciproci diritti soggettivi dei singoli proprietari e/o i rapporti intersoggettivi di vicinato.
Invece le norme sulle distanze tra le costruzioni o tra queste ed i terreni confinanti, contenute negli strumenti urbanistici e/o nei Regolamenti edilizi comunali, poiché trascendono l'interesse meramente privatistico, in quanto hanno la funzione di tutelare l'interesse pubblico alla realizzazione di un determinato assetto urbanistico prefigurato, non possono essere derogate (le apposite convenzioni sono invalide anche nei rapporti interni tra i proprietari confinanti) e la loro violazione comporta la facoltà del vicino di chiedere la riduzione in pristino.

Sul tema si ricorda che gli strumenti urbanistici non possono a loro volta derogare alle distanze minime previste dal D.M. 1444/1968, ad eccezione dei casi specifici previsti dalla legge per i quali si rimanda alla Nota: Distanze tra edifici, deroghe negli strumenti urbanistici e sopraelevazione.

Dalla redazione