FAST FIND : FL6490

Flash news del
05/07/2021

Sopraelevazione e limiti di distanza tra costruzioni

In tema di sopraelevazione, il TAR Lazio-Roma fornisce interessanti chiarimenti in merito alla qualificazione dell’intervento, alla computabilità nella volumetria dei locali realizzati e all’obbligo di rispetto dei limiti di distanza tra costruzioni.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente aveva impugnato il permesso di costruire rilasciato al proprietario confinante “per la realizzazione di una copertura a tetto per uso soffitta al piano sottotetto”. Dai documenti in atti emergeva che le opere realizzate avevano comportato un aumento di volumetrie nell’edificio, essendosi provveduto alla costruzione di nuovi ambienti (soffitta) al di sopra del piano originario, con incremento dell’altezza del fabbricato nella parte antistante la proprietà del ricorrente ed alla realizzazione di una nuova copertura a tetto ad un’altezza superiore a quella originaria.

INTERESSE AD AGIRE E COMPETENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO - Il TAR Lazio Roma 14/06/2021, n. 7136 ha in primo luogo ribadito, in continuità all'indirizzo giurisprudenziale consolidato, che una controversia (come quella in questione), derivante dall'impugnazione di un permesso di costruire da parte del vicino che lamenti la violazione delle distanze legali, costituisce una disputa non già tra privati, ma tra privato e P.A., nella quale la posizione del primo - in correlazione all'atto autoritativo abilitativo lesivo - si atteggia a interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo.

INTERVENTO DI NUOVA COSTRUZIONE - Ciò posto, i giudici hanno precisato che una sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante. Una sopraelevazione, comportando un aumento della volumetria e della superficie di ingombro, non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori.

ESCLUSIONE DELLA NATURA DI VOLUME TECNICO - Sulla natura di nuova costruzione dei lavori posti in essere e sulla necessità del rispetto delle distanze non potevano incidere i rilievi svolti dalla controinteressata circa il carattere di “volume tecnico” dell’opera realizzata.
Sul punto il TAR ha ricordato che la nozione di volume tecnico corrisponde, infatti, a un'opera priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali di essa; i volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità; ne consegue che nel caso in cui un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza (in proposito si veda anche Cass. civ. 27/05/2016, n. 11049 secondo cui i sottotetti “fanno volumetria”, ancorché designati in progetto come “volume tecnico”, se tali da poter essere potenzialmente destinati a locale abitabile).

SOPRAELEVAZIONE E RISPETTO DELLE DISTANZE - Dalla qualificazione in termini di nuova costruzione dei lavori eseguiti discende dunque l’assoggettabilità delle opere alla normativa in materia di distanze prescritte dal PRG e dalle disposizioni normative. In particolare il nuovo corpo di fabbrica realizzato risultava edificato in violazione sia della distanza di 3 m dal confine prevista dalle NTA al PRG e sia di quella minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti imposta dall’art. 9 del D.M. 02/04/1968, n. 1444. In proposito il TAR ha precisato che la distanza di 10 metri, sussistente tra edifici antistanti, si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione; inoltre, la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, deve essere calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate, non soltanto a quella principale.

Da qui l’illegittimità - e conseguente annullamento - del permesso di costruire adottato dal Comune in violazione della disciplina urbanistica ed edilizia, civilistica e amministrativa sulle distanze.

Dalla redazione