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07/05/2021

Equo compenso e presupposti per l'inapplicabilità secondo il TAR Lombardia

Secondo una sentenza del T.A.R. Lombardia la disciplina dell’equo compenso non si applica in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista legale.

La Sent. TAR. Lombardia Milano 29/04/2021, n. 1071 fornisce un'interpretazione restrittiva della garanzia del principio dell’equo compenso imposta alle pubbliche amministrazioni. 

Fattispecie
Nal caso di specie, il comune aveva avviato una procedura comparativa per il conferimento del patrocinio legale dell’ente in un giudizio amministrativo e richiesto a 5 professionisti, individuati tra quelli di comprovata esperienza nella materia del diritto amministrativo, la presentazione di un preventivo dei costi per l’espletamento dell’incarico, previo invio dei documenti e informazioni relativi al giudizio. 
Il Comune aveva poi conferito l’incarico difensivo all’avvocato che aveva presentato il preventivo più conveniente.

Uno degli avvocati in graduatoria aveva chiesto l'annullamento della procedura, eccependo l’illegittimità dell’affidamento dell’incarico professionale per violazione della disciplina dell’equo compenso, ai sensi del combinato disposto dell'art. 13-bis della L. 31/12/2012, n. 247, e del comma 3, dell'art. 19-quaterdecies del D.L. 16/10/2017, n. 148, il quale impone alle pubbliche amministrazioni di garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti nell’esecuzione di incarichi. 

È stata inoltre eccepita l'illegittimità della scelta del criterio del prezzo più basso per l'affidamento di un incarico di prestazioni intellettuali.

Considerazioni di diritto
Il Tribunale ha rilevato in proposito che:
- l’art. 13, comma 3, della L. 247/2012 (Disciplina dell’ordinamento della professione forense) enuncia la regola generale che la pattuizione del compenso spettante al professionista è libera;
- l'art. 13, comma 6, della L. 247/2012 introduce l’eccezione per cui al contratto tra cliente e professionista si applicano i parametri indicati nel previsto decreto del Ministro della giustizia, ove il compenso non sia stato determinato in forma scritta o in maniera consensuale;
- i commi 1, 2 e 3 dell'art. 13-bis, della L. 247/2012 prevedono che, ove i rapporti professionali di assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio sono regolati da convenzioni unilateralmente predisposte, da presumersi tali fino a prova contraria, da parte di imprese bancarie e assicurative o da imprese di grandi dimensioni, il compenso degli avvocati iscritti all’albo professionale deve essere equo, ovvero proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia;
- il comma 3 dell'art. 19-quaterdecies, del D.L. 148/2017 prevede che la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi. 

La Sent. TAR. Lombardia Milano 29/04/2021, n. 1071 ha indicato poi che l’applicazione della disciplina dell’equo compenso, in quanto eccezione al principio pro-concorrenziale della libera pattuizione del compenso spettante al professionista, soggiace a precisi limiti:
- soggettivi, ovvero l’appartenenza del cliente alle categorie delle imprese bancarie, assicurative o di grandi dimensioni o la sua qualificazione come pubblica amministrazione,
- ed oggettivi, quali la predisposizione unilaterale delle clausole convenzionali da parte del cliente forte, senza che al professionista sia rimessa la possibilità di incidere sul loro contenuto. 

Conclusioni
Il T.A.R. ha ricordato che, nel caso di specie, il comune ha chiesto ai professionisti concorrenti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato; creando in tal modo un confronto concorrenziale finalizzato all’individuazione del compenso professionale.
I concorrenti sono stati posti nella condizione di calcolare liberamente la convenienza economica del compenso in relazione all’entità della prestazione professionale richiesta, senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte del cliente.

Imporre alle pubbliche amministrazioni l’applicazione di parametri minimi rigidi e inderogabili, anche in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, comporterebbe un’irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell’affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l’introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza. 

Il Tribunale ha concluso dunque che la disciplina dell’equo compenso non trova applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare.

Con riferimento infine alla scelta del criterio per l'affidamento dell'incarico, il T.A.R. ha ritenuto che la censura è comunque inconferente in un confronto competitivo in cui la qualità della prestazione è assicurata a monte dalla comprovata professionalità e dalla specifica competenza dei professionisti invitati a presentare i preventivi, e la prestazione di mezzi richiesta non si presta ad essere svolta con caratteristiche metodologiche differenziate, meritevoli di una peculiare valutazione in relazione al compenso offerto.

 

Dalla redazione