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08/04/2021

Opera risalente nel tempo, data di realizzazione e necessità del titolo abilitativo

Secondo il Consiglio di Stato, per potere escludere la necessità del titolo abilitativo nel caso di contestazioni riferite ad immobili risalenti nel tempo, l'onere della prova della realizzazione in epoca precedente all'introduzione del regime autorizzatorio ricade sul privato.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione impartito in relazione ad un immobile realizzato anni prima su un fondo rustico. Il TAR aveva respinto il ricorso rilevando che le opere erano state eseguite in assenza del prescritto permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica, nonché in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e senza rispettare le prescrizioni per le zone sismiche. Secondo il ricorrente:
- l’edificazione era avvenuta in epoca antecedente all’approvazione del PRG e non necessitava quindi di titolo edilizio;
- l'immobile era conforme alle norme urbanistiche e a tutela del paesaggio.

ONERE DELLA PROVA DELLA DATA DI REALIZZAZIONE DELL’OPERA - Il Consiglio di Stato, con la sentenza 31/03/2021, n. 2687, ha precisato il privato è onerato a provare la data di realizzazione dell'opera edilizia, non solo per poter fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche - in generale - per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi. La prova circa il tempo di ultimazione delle opere edilizie, è infatti, posta sul privato e non sull'amministrazione, atteso che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto; mentre l'Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno del suo territorio. Tale prova deve, inoltre, essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi, tra l'altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate.

Consulenza tecnica di parte - Per assolvere a pieno tale onere probatorio, non è stata ritenuta sufficiente la consulenza tecnica di parte prodotta dal ricorrente. Secondo i giudici infatti la consulenza tecnica di parte non configura un mezzo di prova, traducendosi in deduzioni tecniche a loro volta da sottoporre a riscontro probatorio, con la conseguente necessità che il privato, nella ricostruzione dei fatti di causa, non può limitarsi ad un rinvio ad eventuali relazioni tecniche acquisite in atti, dovendo fornire inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori idonei a radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto.

ASSENZA DEL PRG - È stata inoltre ritenuta irrilevante la circostanza per cui il manufatto contestato fosse stato edificato in periodo anteriore all’adozione e all’approvazione del piano regolatore generale del Comune. In proposito il Collegio ha precisato che, in assenza del piano regolatore generale, a far data dall’entrata in vigore della L. 765/1967, anche le opere non ricadenti nel centro abitato suscettibili di tradursi in nuova edificazione non possono ritenersi libere, risultando comunque soggette al previo controllo amministrativo da esercitare in sede di rilascio del prescritto titolo edilizio abilitativo. Il Consiglio di Stato ha ricordato infatti che la L. 765/1967 ha esteso a tutto il territorio nazionale l’obbligo del previo titolo edilizio previsto dalla legge urbanistica nazionale (L. 1150/1942) per i centri abitati.

CONFORMITÀ ALLA DISCIPLINA URBANISTICA E PAESAGGISTICA - Infine, secondo il Consiglio di Stato, la circostanza che il fabbricato fosse stato edificato in assenza del prescritto titolo edilizio senza la dimostrazione da parte del privato della risalenza delle opere ad epoca antecedente all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius edificandi rendeva irrilevante l’esame delle censure riguardanti la mancata violazione dei vincoli di tutela gravanti sull’area o il rispetto delle prescrizioni urbanistiche di zona. Secondo i giudici la demolizione può essere disposta infatti anche per le opere realizzate in conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento, nel caso in cui difetti il prescritto titolo edilizio abilitativo.
L’eventuale conformità sostanziale delle opere alla disciplina urbanistica ed edilizia, così come l’eventuale compatibilità con il vincolo paesaggistico tutelato nella zona di edificazione possono rilevare ai fini della presentazione dell’istanza di sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001 e della domanda di accertamento di compatibilità ex art. 167, comma 5, D. Leg.vo 42/2004 onde ottenere i corrispondenti titoli in sanatoria, ma non inficiano la legittimità dell’ordine di demolizione impartito a fronte dell'esecuzione di interventi di nuova costruzione in assenza del prescritto permesso di costruire.

Dalla redazione