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26/02/2021

Condono, sanatoria edilizia e doppia conformità: chiarimenti del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato riepiloga alcuni interessanti principi sulle sanatorie edilizie e sul requisito della doppia conformità, ribadendo l’inammissibilità della c.d. sanatoria giurisprudenziale.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente contestava i provvedimenti del Comune con i quali quest’ultimo aveva:
- revocato un condono riferito ad un fabbricato ad uso civile abitazione, sull’assunto che la concessione fosse stata rilasciata su falsa dichiarazione dell’epoca di realizzazione dell’abuso;
- respinto la richiesta di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001, mancando il requisito della doppia conformità.
A questo ultimo riguardo il ricorrente eccepiva l’imminente approvazione e conseguente efficacia del nuovo P.S.C. (Piano strutturale comunale), completamente perfezionato ma non ancora pubblicato sul BUR. Il diniego, a suo avviso, rispondeva ad un approccio inutilmente formalistico, tale da imporre la demolizione di quanto avrebbe avuto poi la possibilità di ricostruire, se solo si fosse attesa la “manciata di giorni” necessaria all’entrata in vigore del richiamato P.S.C.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 15/02/2021, n. 1403, ha respinto il ricorso sulla base dei seguenti principi.

CONDONO EDILIZIO, ULTIMAZIONE DELL’OPERA E FALSE DICHIARAZIONI - La nozione di opera ultimata ai fini della fruibilità del condono (v. art. 31, comma 2, L. 47/1985) presuppone lo stato di “rustico” della stessa, termine con il quale si intende che essa è completa di tutte le strutture essenziali, necessariamente comprensiva della copertura e delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (si tratta del c.d. criterio “strutturale”, applicabile nei casi di nuova costruzione, in contrapposizione a quello “funzionale”, che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti oppure di manufatti con destinazione diversa da quella residenziale), ancorché mancante delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne) (v. anche C. Stato 05/01/2021, n. 134; e la Nota: Condono edilizio: criteri per l’accertamento del requisito dell’ultimazione).

Onere della prova - L’onere di provare l’avvenuta ultimazione dei lavori in tempo utile, grava esclusivamente sul richiedente. Ciò in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili documenti che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione dell’abuso. La giurisprudenza ha peraltro anche affermato che tale prova deve essere rigorosa, non risultando a tal fine sufficienti dichiarazioni sostitutive di atto notorio, ma richiedendosi invece una documentazione certa ed univoca, sull’evidente presupposto che nessuno meglio di chi richiede la sanatoria e ha realizzato l’opera può fornire elementi oggettivi sulla data di realizzazione dell’abuso (cfr. C. Stato 20/04/2020, n. 2524). In difetto della stessa, l’Amministrazione ha il dovere di negare la sanatoria ovvero di annullarla ove emergano dati obiettivi inerenti un’epoca di costruzione incompatibile con il suo rilascio.

False dichiarazioni - Allorquando una concessione edilizia in sanatoria sia stata ottenuta dall’interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà materiale, è consentito all’Amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa.

SANATORIA EX ART. 36, D.P.R. 380/2001 E DOPPIA CONFORMITÀ - La sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001 presuppone l’accertamento di conformità che, a differenza del condono, dal quale si diversifica per presupposti e procedura, richiede il requisito della c.d. “doppia conformità”, ovvero la rispondenza dell’opera alle regole urbanistiche vigenti sia al momento di realizzazione dell’intervento che a quello di presentazione della relativa istanza. Essa costituisce condicio sine qua non della sanatoria, ed investe entrambi i citati segmenti temporali.

La “doppia conformità”, peraltro, si riferisce all’epoca di realizzazione dell’abuso e a quella di inoltro della domanda e non a quella di rilascio del titolo. Pertanto il Consiglio di Stato ha ritenuto del tutto irrilevante l’eventuale conformità dell’intervento al nuovo Piano urbanistico comunale, quand’anche fosse entrato in vigore. D’altro canto, hanno precisato i giudici, la sopravvenienza di un regime giuridico più favorevole non consente di farne retroagire gli effetti ad illeciti preesistenti: diversamente opinando essa si risolverebbe a sua volta in una sorta di atipico condono normativo, del tutto estraneo alla cornice e alla finalità dell’istituto.

INAMMISSIBILITÀ DELLA SANATORIA GIURISPRUDENZIALE - Inoltre il Consiglio di Stato ha rilevato che le invocate esigenze di economia procedimentale, tali da imporre una valutazione di tipo sostanzialistico - di futura, ma imminente - conformità urbanistica dell’opera, sono già state escluse con riferimento all’istituto della c.d. “sanatoria giurisprudenziale”.
Per sanatoria giurisprudenziale (così denominata perché risulta una ipotesi di sanatoria elaborata dalla giurisprudenza che non è esplicitamente considerata dalla legge) si intende la sanatoria delle opere che, pur in contrasto con le norme e le prescrizioni vigenti all’epoca della loro esecuzione risultino tuttavia - a seguito del mutato quadro normativo - conformi a quelle in vigore al momento della decisione.
Al riguardo il Collegio ha evidenziato che tale istituto non trova alcun fondamento nell’ordinamento positivo, contrassegnato invece dai principi di legalità dell’azione amministrativa e di tipicità e nominatività dei poteri esercitati dalla pubblica amministrazione, con la conseguenza che detti poteri, in assenza di espressa previsione legislativa, non possono essere creati in via giurisprudenziale, pena la violazione di quello di separazione dei poteri e l’invasione di sfere proprie di attribuzioni riservate alla pubblica amministrazione.

Il Consiglio di Stato ha precisato in proposito che il rigore insito in tale principio trova la propria ratio ispiratrice nella “natura preventiva e deterrente” della sanatoria, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture “sostanzialiste” della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione ovvero con essa conformi solo al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità (v. C. Stato 18/02/2020, n. 1240).

Dalla redazione