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14/09/2020

Annullamento del permesso di costruire: l’Adunanza plenaria chiarisce i limiti di sanabilità dell’abuso

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato chiarisce che, in caso di annullamento del permesso di costruire, i vizi che consentono la “sanatoria” di cui all’art. 38, D.P.R. 380/2001 (c.d. fiscalizzazione dell’abuso) sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’Amministrazione, risultino di impossibile rimozione.

Con la sentenza del 07/09/2020, n. 17, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha sanato il precedente contrasto giurisprudenziale sull’ambito di applicazione dell’art. 38, D.P.R. 380/2001, superando l’orientamento, tra gli altri, che portava a ritenere che la sanatoria ivi prevista potesse riguardare non solo i vizi formali e procedurali, ma anche quelli sostanziali relativi alla conformità del provvedimento finale rispetto alle previsioni edilizie e urbanistiche.

“SANATORIA” PREVISTA DALL’ART. 38, T.U. EDILIZIA - L’Adunanza plenaria ha ricordato che la disposizione di cui all’art. 38, D.P.R. 380/2001 prevede:
- al comma 1, che in caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa;
- al comma 2, che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'art. 36, comma 2, D.P.R. 380/2001 (istituto che comunemente si definisce come fiscalizzazione dell'abuso).

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI PRECEDENTI - Il concetto di rimovibilità dei vizi contenuto nel predetto articolo ha dato luogo a diverse opzioni interpretative:
- secondo un primo orientamento, la fiscalizzazione dell’abuso sarebbe possibile per ogni tipologia dell’abuso stesso, ossia a prescindere dal tipo, formale ovvero sostanziale, dei vizi che hanno portato all’annullamento dell’originario titolo, secondo una logica che considera l’istituto come un caso particolare di condono di una costruzione nella sostanza abusiva (C. Stato 19/07/2019, n. 5089);
- per un secondo orientamento, più risalente, formatosi sotto il vigore dell’art. 11 della L. 47/1985, di carattere più restrittivo, la fiscalizzazione dell’abuso sarebbe possibile soltanto nel caso di vizi formali o procedurali emendabili, mentre in ogni altro caso l’amministrazione dovrebbe senz’altro procedere a ordinare la rimessione in pristino, con esclusione della logica del condono (C. Stato 09/05/2016, n. 1861);
- secondo un terzo orientamento, intermedio, la fiscalizzazione sarebbe ammessa, oltre che nei casi di vizio formale, anche nei casi di vizio sostanziale, però emendabile: anche in tal caso, non vi sarebbe la sanatoria di un abuso, perché esso verrebbe in concreto eliminato con le opportune modifiche del progetto prima del rilascio della sanatoria stessa, la quale si distinguerebbe dall’accertamento di conformità di cui all’art. 36 dello stesso T.U. 380/2001 per il fatto che qui non sarebbe richiesta la “doppia conformità” (C. Stato 10/09/2015, n. 4221).

L’ORIENTAMENTO DELL’ADUNANZA PLENARIA - L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 07/09/2020, n. 17, ha accolto un’interpretazione restrittiva dell’art. 38, sulla base della considerazione, tra l’altro, che la disposizione fa specifico riferimento ai vizi “delle procedure”, avendo così cura di segmentare le cause di invalidità che possono giustificare l’operatività della sanatoria distinguendole dagli altri vizi del provvedimento che, non attenendo al procedimento, involvono profili di compatibilità della costruzione rispetto al quadro programmatorio e regolamentare che disciplina l’an e il quomodo dell’attività edificatoria.

Non a caso il tenore della norma impone, sia pur per implicito, all’amministrazione l’obbligo di porre preliminarmente rimedio al vizio, rimuovendolo attraverso un’attività di secondo grado pacificamente sussumibile nell’esercizio del potere di convalida contemplato in via generale dall’art. 21-nonies, L. 241/1990, comma 2. La convalida per il tramite della rimozione del vizio implica necessariamente un’illegittimità di natura “procedurale”, essendo evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest’ultimo.

Il riferimento ad un vizio procedurale astrattamente convalidabile delimita operativamente il campo semantico della successiva e connessa proposizione normativa riferita all’impossibilità di rimozione, dovendo per questa intendersi una impossibilità che attiene pur sempre ad un vizio che, sul piano astratto sarebbe suscettibile di convalida, e che per le motivate valutazioni espressamente fatte dall’amministrazione, non risulta esserlo in concreto.

I giudici hanno inoltre affermato che la tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito.

PRINCIPIO DI DIRITTO - In conclusione, è stato enunciato il seguente principio di diritto: “i vizi cui fa riferimento l'art. 38, D.P.R. 380/2001 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'Amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.

Dalla redazione