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22/06/2020

Modifiche alla copertura dell’immobile e certificato di idoneità statica

La trasformazione di una copertura di un immobile da spazio non accessibile a terrazza destinata ad ospitare persone rappresenta una variazione rilevante che necessita del rilascio della certificazione di idoneità statica.

Ai sensi dell’art. 90, D.P.R. 380/2001, per la realizzazione di una sopraelevazione è necessaria la previa certificazione del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il numero massimo di piani che è possibile edificare e l'idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico.
Il TAR Lombardia-Milano 30/03/2020, n. 572 ha chiarito che nel caso di mutamenti di destinazione d'uso con variazione significativa dei carichi, tali obblighi devono essere comunque rispettati anche se non sia stata realizzata una vera e propria sopraelevazione in senso edilizio-urbanistico.

FATTISPECIE
Nel caso di specie il ricorrente si opponeva all’ordine di demolizione e all’annullamento della SCIA per un intervento edilizio di manutenzione straordinaria comportante, tra l’altro, la realizzazione di una nuova scala per l’accesso al lastrico solare sul quale si sarebbe costruita una tettoia in struttura metallica da utilizzare per ricevimenti estivi. Secondo la parte ricorrente:
- dal punto di vista urbanistico-edilizio, la realizzazione di una tettoia aperta su tre/quattro lati non avrebbe dato luogo alla creazione di una superficie abitabile, non configurando quindi una sopraelevazione per la quale è richiesta la certificazione di idoneità statica ai sensi dell’art. 90, D.P.R. 380/2001;
- il vano scala realizzato per raggiungere la terrazza non violava le norme sulle distanze, costituendo solo un volume tecnico.

RILEVANZA DEL CAMBIAMENTO D’USO NELLE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI
Negli atti di causa veniva richiamato il Capitolo 8.4.3 delle N.T.C. (Norme tecniche per le costruzioni) del 2018 (D. Min. Infrastrutture e Trasp. 17/01/2018) secondo cui sono escluse dalle opere strutturali da assoggettare obbligatoriamente agli “interventi di adeguamento” le variazioni dell’altezza dell’edificio dovute a modifiche della copertura che non comportino incrementi di superficie abitabile, non ritenute sopraelevazioni in senso proprio.

Il TAR ha tuttavia evidenziato che secondo la suddetta disposizione l’adeguamento è comunque richiesto nel caso di “variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali verticali in fondazione superiori al 10%”. Inoltre, il Capitolo 8.3 delle N.T.C. impone una verifica di sicurezza quando ricorre “il cambio di destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o passaggio ad una classe d’uso superiore” (come nel caso di specie).

NORMATIVA TECNICA DELLE COSTRUZIONI E DISCIPLINA URBANISTICA-EDILIZIA
Ciò posto, quanto all’asserita mancata creazione di superficie abitabile, il TAR ha chiarito che la disciplina in materia di sicurezza delle costruzioni non è perfettamente sovrapponibile alla regolamentazione afferente all’ambito urbanistico ed edilizio, perseguendo le richiamate discipline obiettivi differenti:

- la prima è finalizzata a garantire la corretta e regolare costruzione dei manufatti, in modo da garantire l’incolumità delle persone che li utilizzano o vengono in rapporto con gli stessi (quali gli abitanti di un immobile, coloro che lo frequentano o chi viene a trovarsi, anche casualmente, nei pressi dello stesso);

- la normativa urbanistica ed edilizia, pur non disinteressandosi del tutto anche della sicurezza delle costruzioni, ha quale principale obiettivo quello di garantire un ordinato assetto del territorio e la realizzazione di manufatti edilizi in grado di garantirne la massima usufruibilità e confortevolezza (ad esempio, stabilendo uno spazio minimo per l’abitabilità di un immobile o per la diversa funzione cui è destinato).

Ciò è dimostrato dalla non necessaria corrispondenza della regolarità urbanistica ed edilizia di un immobile rispetto alla idoneità costruttiva dello stesso. Pertanto può accadere che un immobile, pur essendo da un punto di vista edilizio perfettamente conforme sia alla pregressa che alla nuova destinazione impressa allo stesso, non risulti idoneo con riferimento all’uso cui è successivamente destinato. Anche la giurisprudenza ha messo in rilievo che la disciplina nazionale in materia urbanistica non può essere estesa alla diversa disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in conglomerato cementizio armato, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, come tale rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost. (C. Cass. pen. 27/12/2018, n. 58316).

NECESSITÀ DEL CERTIFICATO DI IDONEITÀ STATICA
Da quanto evidenziato emerge quindi che la trasformazione di una copertura di un immobile da spazio non accessibile, se non per attività di manutenzione, a terrazza destinata ad ospitare, seppure in via non continuativa, delle persone rappresenta una variazione rilevante che necessariamente richiede un intervento di adeguamento, previo rilascio della certificazione di idoneità statica da parte del competente ufficio tecnico.

NORMATIVA SULLE DISTANZE E RILEVANZA DEL VANO SCALA
Infine il TAR ha affermato che, pur avendo il vano scala natura di volume tecnico, lo stesso non può essere ritenuto irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa dettata per le distanze dai confini, rientrano nel concetto civilistico di costruzioni, le parti dell’edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (c.d. aggettanti) che, se pur non corrispondono a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato. Ed infatti, se lo stesso ha natura permanente ed è connotato da stabilità si pone in contrasto con le finalità perseguite dalla normativa contenuta nel D.M. 1444/1968, aventi lo scopo di assicurare le necessarie condizioni di salubrità dei fabbricati sotto il profilo igienico-sanitario, mediante l’eliminazione di intercapedini nocive tra gli stessi.

Pertanto, in ragione del contenuto pubblicistico della disciplina sulle distanze di cui al citato D.M. 1444/1968 e del suo carattere inderogabile, deve ritenersi non tollerabile la presenza di una parte sia pure di modesta entità di un opus edilizio che va ad insistere in maniera permanente su uno spazio territoriale che deve essere libero da qualsiasi ingombro.

Di conseguenza, il vano scala posto a distanza inferiore ai dieci metri dall’edificio antistante non è legittimo, non assumendo alcun rilievo la circostanza che uno dei due manufatti sia privo di finestre (cfr. C. Cass. civ. 04/06/2019, n. 15178).

Dalla redazione