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Atto Reg.Aut. Vigilanza LL.PP. 09/06/2000, n. 28

Criteri di designazione dell'organo di collaudo e compenso per la collaudazione di lavori pubblici.
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[Premessa]



In data 23 marzo 2000, si è tenuta presso l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici una audizione relativa alle problematiche connesse alla nomina dei collaudatori nel caso di lavori ammessi a finanziamento pubblico, con riferimento all'applicazione dell'art. 28, comma 4, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni.


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Premesso

Con nota del 30 settembre 1999, il Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Matera, nella qualità di amministrazione aggiudicatrice di lavori finanziati dal Ministero del tesoro, segnalava di avere provveduto all'individuazione dei collaudatori, in applicazione del disposto di cui all'art. 28, comma 4, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 R e successive modificazioni, nonostante che nell'atto di finanziamento il Ministero se ne fosse, invece, direttamente riservata la nomina.

Questione analoga veniva segnalata dal comune di Cassano Irpino il quale, con nota del 9 marzo 2000, chiedeva l'avviso della Autorità in ordine alla legittimità della nomina da parte del presidente della regione Campania del collaudatore tecnico amministrativo per lavori da esso appaltati e finanziati dall'ente regione, ed alla ammissibilità del collaudo nel caso in cui la verifica finale poteva essere attuata mediante la sola certificazione di regolare esecuzione.


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Considerato

In base a quanto disposto dal comma 4 dell'art. 28 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 R e successive modificazioni, la competenza alla gestione delle operazioni di collaudo dei lavori pubblici spetta alle amministrazioni aggiudicatrici, che "nominano da uno a tre tecnici di elevata e specifica qualificazione con riferimento al tipo di lavori, alla loro complessità e all'importo degli stessi".

Consegue evidente l'incompatibilità con l'indicata normativa, di immediata applicazione e vincolante per tutte le nomine da effettuarsi successivamente alla sua entrata in vigore, della previsione contenuta nelle convenzioni di finanziamento cui si è fatto in precedenza riferimento e che riservano, invece, al soggetto finanziatore la facoltà della individuazione dell'organo di collaudo. Oltre che con il dato letterale della norma, come in precedenza definito, la riserva indicata si pone, infatti, in palese contrasto con la stessa finalità del collaudo, che è quella di verificare, nell'ambito del contratto di appalto, cui è estraneo l'ente finanziatore, la regolare esecuzione dei lavori e di determinare il credito finale dall'appaltatore.

Più specificamente, il collaudo ha lo scopo di accertare e certificare che l'opera o il lavoro è stato eseguito a regola d'arte e secondo le prescrizioni tecniche prestabilite, in conformità del contratto, delle sue eventuali varianti e dei conseguenti atti di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati. Esso persegue, altresì, la finalità di verificare che i dati risultanti dalla contabilità e dai documenti giustificativi corrispondono tra loro e con le risultanze di fatto, non solo per dimensioni, forma e quantità, ma anche per qualità dei materiali, dei componenti e delle provviste, e che le procedure espropriative poste a carico dell'appaltatore sono state espletate tempestivamente e diligentemente.

Le operazioni di collaudo attengono ancora a tutte le verifiche tecniche previste dalla normativa di settore e concernono, infine, l'esame delle riserve dell'appaltatore, sulle quali non sia intervenuta una risoluzione definitiva in via amministrativa, ove siano state iscritte nel registro di contabilità e nel conto finale nei termini e nei modi stabiliti dal regolamento. Il collaudo, poi, va approvato dall'amministrazione committente la quale fa in tal modo proprio l'operato, il giudizio e le conclusioni del collaudatore, esprimendo sostanzialmente la volontà di accettare l'opera e liquidando il credito dell'appaltatore previo accertamento del valore economico di quanto eseguito.

Dal che appare evidente, come già rilevato, che tutte le operazioni di collaudo - ancorché le si considerino esplicazione di attività unilaterale della stazione appaltante cui l'appaltatore appresta o meno la propria adesione - attengono comunque ed esclusivamente all'ambito ed all'esplicazione degli effetti del contratto di appalto tra di essi intercorso, cui - ripetesi - è estranea l'amministrazione che eventualmente ha finanziato i lavori e che ha altri mezzi (nei casi in esame i "monitori" delle opere) a disposizione per controllare la regolarità della spesa disposta. In questa prospettiva, va anche indicata la possibilità di una funzionalizzazione dei dati sulla esecuzione e di quelli finali che affluiscono all'Osservatorio, nelle sue articolazione regionali e che possono essere utilizzati per un monitoraggio dei lavori da parte degli enti finanziatori.

Ed è proprio in considerazione delle indicate finalità e della precisata natura delle operazioni di collaudo che alle stesse l'amministrazione aggiudicatrice deve provvedere prioritariamente mediante i suoi tecnici (non quindi amministrativi) interni che di essa sono diretta ed immediata espressione. Soltanto in caso di accertata e dichiarata carenza di organico si può, infatti, derogare a tale prescrizione, con la preclusione, tuttavia, in tale seconda ipotesi, della possibilità di rivolgersi a liberi professionisti esterni all'apparato pubblico complessivo.

Nel caso di carenza di organico il regolamento generale prevede, infatti, che i collaudatori siano scelti nell'ambito di elenchi istituiti presso il Ministero dei lavori pubblici, le regioni e le province autonome; elenchi in cui possono essere iscritti, su domanda corredata da curriculum e da adeguata documentazione, distinti per specializzazione e competenza, i soggetti laureati in ingegneria, architettura e, limitatamente ad un solo componente della commissione, in geologia, scienza agrarie e forestali, anche se dipendenti da pubbliche amministrazioni, che siano abilitati all'esercizio della professione e siano iscritti da almeno cinque anni nel relativo albo professionale (escluso tale ultimo requisito per i dipendenti).

Per quanto riguarda il compenso, per i collaudatori interni è prevista, poi, la partecipazione al riparto del fondo incentivante dell'1,5%, previsto dall'art. 18 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 R indicata, mentre per quelli esterni alla struttura dell'amministrazione aggiudicatrice il corrispettivo deve essere determinato sulla base di specifiche tariffe professionali.

Va rilevato, infine, che, in base al disposto di cui al comma 3 dell'art. 28 della legge n. 109/94, "nel caso di lavori di importo sino a 200.000 EURO" non si deve procedere a collaudo, dal momento che "il certificato di collaudo è sostituito da quello di regolare esecuzione".

Laddove, invece, "per i lavori di importo superiore, ma non eccedenti il milione di ECU" non vi è obbligo, ma solo facoltà (da esercitare discrezionalmente) del "soggetto appaltante di sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione"; certificato che deve essere "comunque emesso non oltre tre mesi dalla data di ultimazione dei lavori".


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Pertanto

La nomina di collaudatori spetta alle amministrazioni aggiudicatrici. Tale competenza sussiste anche nel caso di lavori finanziati da diversa amministrazione pubblica.

Nel caso di lavori di importo non superiore a 200.000 EURO il certificato di collaudo è sostituito dal certificato di regolare esecuzione. Per i lavori, invece, di importo superiore a tale soglia, ma non eccedente il milione di EURO, è in facoltà dell'amministrazione aggiudicatrice sostituire il certificato di collaudo con quello di regolare esecuzione dei lavori.



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