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Sent. C. Cass. pen. 23/01/2007, n. 1894

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1. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Legittimità del titolo abitativo - Poteri del giudice. 2. Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia - Titolo edilizio illegittimo - Esecuzione di lavori senza permesso di costruire - Reato. 3. Edilizia ed urbanistica - Attività edilizia - Prescrizioni degli strumenti urbanistici - Difformità da disposizioni legislative o regolamentari - Poteri del giudice penale - Elementi di natura extrapenale.
1. Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio. Deve escludersi che - qualora sussista difformità dell’opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici - il giudice debba comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora sia stata rilasciata concessione edilizia o permesso di costruire, in quanto detti provvedimenti non sono idonei a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell’opera realizzanda. Inoltre, deve escludersi che una qualsiasi pronuncia del giudice amministrativo, coinvolgente l’atto amministrativo costituente elemento di fattispecie penalmente rilevante, possa inibire al giudice ordinario la valutazione dei profili di illegittimità dello stesso. 2. Il reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza di permesso di costruire può ravvisarsi anche in presenza di un titolo edilizio illegittimo, salvo che provvedimenti giurisdizionali del giudice amministrativo passati in giudicato abbiano espressamente affermato la legittimità della concessione o della autorizzazione edilizia ed il conseguente diritto del cittadino alla realizzazione dell’opera. 3. Nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non consentita «disapplicazione», da parte del giudice penale dell’atto amministrativo concessorio, in quanto lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l’autorizzazione del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l’esistenza ontologica dell’atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l’integrazione o meno della fattispecie penale, «in vista dell’interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo»

1. Ved. Cass. pen. S.U. 28 novembre 2001, Salvini 1a. e 2a. - Sul certificato di abitabilità, senza il quale è vietato al proprietario dell’immobile di utilizzarlo, ved. C. Stato V 15 aprile 2004 n. 2140 R (Ammissibilità del rilascio del certificato di abitabilità dopo condono edilizio - Limiti); Cass. 4 ottobre 1999 n. 11349 (La mancanza del certificato di abitabilità è un reato che si estingue col pagamento dell’oblazione prevista); Csi 13 ottobre 1999 n. 469 R (Il certificato di abitabilità non serve ad abilitare l’immobile ad un uso piuttosto che ad un altro ma riguarda soltanto la salubrità dell’ambiente); Cass. 19 luglio 1999 n. 7681 R (Il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilità; la mancata consegna di questa può produrre un danno risarcibile configurabile anche nel solo fatto che l’acquirente ha ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità); Cass. pen. III 18 giugno 1999 n. 7920 (Il certificato di abitabilità non occorre per capanni o rifugi alpini); III 29 aprile 1999 n. 5448 (Il proprietario dell’immobile, quale soggetto tenuto a richiedere la licenza di abitabilità, è equiparato al soggetto che abbia la disponibilità dell’immobile e vi eserciti le facoltà corrispondenti); C. Stato V 13 aprile 1999 n. 414 R (Il certificato di abitabilità può essere rilasciato previa verifica della salubrità dell’immobile); Cass. pen. III 24 aprile 1998 n. 853 (La violazione dell’art. 221 del Testo unico delle leggi sanitarie, T.U. 27 luglio 1934 n. 1265 - che si configura quando si utilizza un immobile privo del certificato di abitabilità - può realizzarsi per costruzioni in muratura o anche in altro materiale); 24 aprile 1998 n. 503 (L’art. 4 del D.P.R. 22 aprile 1994 n. 425 non ha abrogato la normativa precedente sul divieto di abitazione senza certificato di abitabilità); 5 marzo 1998 n. 364 (La violazione dell’art. 221, T.U. 1934 n. 1265 configura un reato di natura permanente); 9 febbraio 1998 n. 1502 (Utilizzando un immobile mancante del certificato di abitabilità si commette reato ex art. 221 T.U. 1934 n. 1265 anche se l’immobile viene adibito ad uso diverso dall’abitazione: esso infatti deve comunque avere i prescritti requisiti igienico sanitari). Nello stesso senso è costante la giurisprudenza della Cassazione penale: ved. Cass. pen. III 3 aprile 1995 n. 3471; VI 23 agosto 1994 n. 2114; III 16 giugno 1994 n. 7076; VI 7 febbraio 1994 n. 3651; S.U. 10 gennaio 1994 n. 72. 2. Ved. Cass. pen. III 21 marzo 2006, Di Mauro. 3. Ved. Cass. pen. S.U. 28 novembre 2001, Salvini; VI 18 marzo 1998 n. 3396,Calisse; S.U. 12 novembre 1993, Borgia

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