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Par. Aut. Vigilanza Contratti Pubbl. 09/02/2011, n. 28

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Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentata da Lega Regionale Cooperative e Mutue Lazio – Concessione della gestione di sei nidi comunali di infanzia secondo lotti – Importo a base d’asta € 4.290.000,00 – S.A.: Comune di Roma.

1. In ordine a regole della lex specialis che derogano alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 231/2002, si osserva che la direttiva n. 2000/35/CE - recepita in Italia con il citato D.Lgs. n. 231/2002 sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali - contiene norme imperative, applicabili anche alle pubbliche amministrazioni, che non sono derogabili mediante la tacita accettazione delle condizioni difformi con la presentazione di una offerta in una gara pubblica di appalto. La deroga ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dalle

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IL CONSIGLIO

Vista la relazione dell’Ufficio del Precontenzioso

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CONSIDERATO IN FATTO

In data 6 ottobre 2010 è pervenuta all’Autorità l’istanza di parere indicata in epigrafe, con la quale la Lega Regionale Cooperative e Mutue Lazio, nelle more della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ha contestato l’erroneità degli atti della procedura di gara in oggetto, segnalando che il prezzo a base d’asta e, nella specie, la tariffa di € 500,00 posto/mese/bambino, non consentirebbe alle cooperative associate di partecipare, in quanto non sufficiente a coprire i costi del lavoro rispetto al CCNL delle Cooperative Sociali, limitando in tal modo fortemente il principio della libera concorrenza tra gli operatori economici e violando altresì la delibera comunale n. 135/2000, concernente “Determinazioni degli indirizzi in ordine ad Appalti ad Aziende, Consorzi, Cooperative, Associazioni”, la quale, all’art. 1, comma 1, lett. c), stabilisce che “nella determinazione dei criteri economici per l’aggiudicazione sarà cura dell’Amministrazione fissare i corrispettivi delle prestazioni richieste in misura tale da comprendere sia il costo del lavoro riferito alle tabelle aggiornate dei CCNL contratti integrativi territoriali vigenti, sia per le spese generali e di gestione dei servizi appaltati, queste ultime da determinarsi in misura non inferiore al 10 per cento dell’importo complessivo del prezzo dell’aggiudicazione dell’appalto”.

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RITENUTO IN DIRITTO

La questione controversa sottoposta a questa Autorità con l’istanza di parere in esame concerne la congruità del prezzo posto a base della gara e, nella specie, della tariffa di € 500,00 posto/mese/bambino, oltre che la legittimità delle previsioni di modalità e condizioni di pagamento in deroga al D.Lgs. n. 231/2002R.

Le diverse prospettazioni sostenute dalle parti, soprattutto in ordine alla suddetta problematica principale della congruità del prezzo, prendono le mosse da un punto di vista opposto in ordine alla qualificazione della natura del contratto oggetto di affidamento, nel senso che al ragionamento svolto dal Comune di Roma in termini di concessione di servizi si oppongono le contestazioni dedotte dall’istante Lega Regionale Cooperative e Mutue Lazio in termini di appalto di servizi.

Invero, risulta evidente che l’impostazione dell’analisi della questione muta radicalmente a seconda della qualificazione giuridica che si ritiene di dover attribuire al contratto oggetto di aggiudicazione, specie con riferimento all’elemento prezzo a base d’asta, censurato nella specie per la reputata insufficienza, che costituisce il cardine principale, in linea generale, della distinzione tra appalto e concessione di servizi.

L’analisi degli elementi qualificanti ai fini del predetto discrimen è stata condotta e approfondita in sede comunitaria; occorre pertanto prendere le mosse da qui, in considerazione della tradizionale preminenza del diritto comunitario e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

Ebbene, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede principalmente proprio nelle modalità previste per l’attribuzione del corrispettivo dovuto a fronte del servizio reso dall’operatore economico (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C-206/08, WAZV Gotha, punto 51). «Un appalto pubblico di servizi» ai sensi delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (v., in particolare, sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 39). Si è in presenza, invece, di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto dell’operatore economico di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest'ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in particolare, sentenze Corte giustizia CE, sez. III, 15 ottobre 2009 , n. 196, 13 novembre 2008, causa C-437/07, Commissione/Italia, punti 29 e 31, nonché WAZV Gotha, cit., punti 59 e 68).

A titolo esemplificativo, la Corte di Giustizia europea ha ravvisato l'esistenza di una concessione di servizi, in particolare, nei casi in cui la remunerazione del prestatore proveniva da pagamenti effettuati dagli utenti di un parcheggio pubblico, di un servizio di trasporto pubblico e di una rete di teledistribuzione (v. sentenze Parking Brixen, cit., punto 40; 6 aprile 2006, causa C-410/04, ANAV, punto 16, e 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant, punto 24).

Peraltro già in sede europea, se per un verso la qualificazione in termini di concessione ne comporta l’esclusione dall'ambito applicativo delle citate direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, per un altro verso le pubbliche autorità che le concludono sono comunque tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità in particolare. Le disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici comprendono propriamente gli artt. 43 CE e 49 CE (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 19) e oltre al suddetto principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, si applica alle concessioni di servizi pubblici anche il principio della parità di trattamento tra offerenti, e ciò anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalità (v. sentenza 196/2009 cit., punti 47 ss.).

La disciplina codicistica interna ha approfondito tali indicazioni comunitarie, estendendo e specificando quali regole dettate per l’evidenza pubblica necessaria all’affidamento di un appalto siano applicabili anche in caso di utilizzo della figura della concessione (cfr. art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006, in specie sub c

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IL CONSIGLIO

ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:

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