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Sent. C. Stato 09/07/2014, n. 3492

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1. L'utile limitato non comporta una offerta inaffidabile. 2. Costo del lavoro: le tabelle ministeriali hanno valore indicativo. 3. Il giudizio di anomalia riguarda l'offerta nel suo complesso. 4. Ampia discrezionalità della p.a. nel valutare le offerte. 5. L'anomalia deve essere valutata caso per caso.
1. La giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso di ritenere che un utile di impresa limitato non denoti di per sé la inaffidabilità della offerta economica e solo quando l’utile sia del tutto azzerato o addirittura l’impresa svolga in servizio in perdita prevalga l’interesse del committente pubblico alla esclusione di imprese che non forniscano le necessarie garanzie di affidabilità; non può essere invero fissata una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi per presunzione incongrua, dovendosi, invece, avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale e risultando in sé ingiustificabile solo un utile pari a zero, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio importante, come nel caso di ricadute positive che possono discendere per l'impresa in termini di qualificazione, pubblicità, curriculum, dall'essersi aggiudicata e dall'avere poi portato a termine un prestigioso appalto, ecc. (in questo senso anche Consiglio di Stato, sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4206). 2. Secondo la giurisprudenza amministrativa, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma solamente un parametro di valutazione della congruità della offerta, ed un eventuale scostamento non legittima ex se un giudizio di anomalia, potendo essere accettato quando aliunde risulti giustificato (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633); ed invero, nella valutazione della congruità delle offerte presentate nelle procedure di affidamento di servizi devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle apposite tabelle, periodicamente predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia, con la conseguenza che è ammissibile l'offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori così come stabilito in sede di contrattazione collettiva. 3. La verifica della anomalia della offerta deve essere valutata nel suo insieme, servendo le giustificazioni della impresa ed il contraddittorio che con essa si instaura ai sensi dell’art. 88 del D. Leg.vo n.163 del 2006 ad accertare l’effettiva sostenibilità e affidabilità dell’offerta nel suo complesso. In realtà, l'anomalia è frutto di un giudizio sull'offerta di carattere globale e sintetico sull'attendibilità dell'offerta nel suo complesso, in relazione all'incidenza di tutte le singole voci eventualmente giudicate inattendibili, al fine di valutare se la singola inesattezza di una voce del prezzo offerto incida in modo significativo sulla serietà e attendibilità dell'offerta complessiva, tenuto anche conto dell'entità della voce stessa nell'economia dell'offerta, e se trovi rispondenza nella realtà di mercato e aziendale; non è invece ipotizzabile che possa farsi discendere un giudizio di anomalia da una singola voce (in questo senso anche Consiglio di Stato, sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5238; da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 5781). 4. Secondo i principi più volte ribaditi in giurisprudenza a proposito dei giudizi di verifica dell'anomalia dell'offerta, il giudizio della stazione appaltante costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale, che renda palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta; di conseguenza il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della p.a. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, che costituirebbe un'inammissibile invasione della sfera propria della p.a. .Anche l'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell'amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può intervenire, fermo restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'amministrazione (Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4761; sez. III, 24 settembre 2013, n. 4711). 5. Secondo la giurisprudenza, le problematiche relative alla motivazione della anomalia della offerta si pongono in termini notevolmente diversi a seconda del grado e del tipo di anomalia che abbia dato luogo alla verifica dell’offerta. Qualora si proceda, come nel caso di specie, alla verifica a norma dell’art. 86, comma3, del codice dei contratti, recante l’ipotesi in cui l’offerta migliore ha riportato un punteggio non inferiore ai quattro quinti del massimo tanto per l’aspetto tecnico quanto per l’aspetto economico, non occorre una motivazione particolarmente approfondita, non potendosi neppure parlare di offerta sospetta di anomalia, bensì solo di verifica effettuata per scelta discrezionale dell’Amministrazione. Il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta si connota per poteri, che, poiché inerenti la verifica dell'anomalia delle offerte, attengono alla sfera propria di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sicché il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla p.a. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, ma non può operare autonomamente siffatta verifica, pena l’invasione di quella sfera tipica (in questo senso anche Consiglio di Stato, sez. III, 13 dicembre 2013, n. 5984).

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