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Sent. C. Cass. pen. 11/09/2015, n. 36882

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Sicurezza - Infortunio sul lavoro - Responsabilità del datore di lavoro e/o del lavoratore - Criteri di attribuzione - Ricostruzione quadro normativo e giurisprudenziale.

Il datore di lavoro non ha un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, ma, una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione, non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavorato

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Fatto


Con sentenza in data 7.12.2012 il Tribunale Monocratico di Forlì - Sezione Distaccata di Cesena - ha affermato la penale responsabilità di C.A. in ordine al reato di cui all'art. 590 commi 1, 2, 3 e 5 c.p. per avere, nella sua qualità di legale rappresentante della impresa SIS Mineraria s.r.l. e di datore di lavoro, per colpa generica e per violazione delle norme di prevenzione infortuni e del dovere di sicurezza di cui all'art. 2087 cc, cagionato al lavoratore dipendente B.R. lesioni personali gravissime consistite nell'amputazione traumatica del braccio destro.

In sintesi il fatto per una migliore comprensione dei motivi posti a base del ricorso.

L'infortunio si è verificato nello stabilimento della SIS Mineraria s.r.l. ove veniva svolta l'attività di produzione di materiali per l'industria e per l'edilizia mediante macinazione di pietre calcaree in particelle di diverse dimensioni.

L'infortunio è stato ricostruito sulla base delle dichiarazioni della parte lesa, che al momento in cui lo stesso si è verificato si trovava da solo in reparto.

La mattina del 22.10.2005 il B.R., in qualità di addetto al controllo, stava lavorando all'impianto di separazione del materiale macinato in relazione al diametro delle particelle, quando ad un certo punto notava un funzionamento anomalo del separatore n. 2 evidenziato dal calo dell'amperaggio; dopo avere escluso che l'anomalia fosse dovuta ad uno slittamento delle cinghie, decideva di verificare se fosse stata causata da un intoppo a livello della tramoggia nella quale il prodotto veniva incanalato per accedere al separatore.

Per compiere questo controllo, si portava su un ballatoio posto sopra la coclea, saliva a carponi sul condotto della stessa (non poteva che accedere in tale posizione poiché sopra, ad una

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Diritto


Va dichiarata l'estinzione del reato contestato per essere perenti i relativi termini di prescrizione, con conseguente annullamento della sentenza impugnata senza rinvio. Orbene, in presenza di una declaratoria di improcedibiltà per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti finalizzato ad un eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione. Il sindacato di legittimità circa l'applicazione del secondo comma dell'art. 129 c.p.p. deve essere circoscritto all'accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza del fatto o dell'estraneità ad esso dell'imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l'operatività estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata: qualora, dunque, il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall'art. 129 c.p.p., l'esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all'imputato, deve prevalere l'esigenza della definizione immediata del processo.

Nel caso di specie, poiché il ricorso implica anche l'esame degli aspetti relativi alle statuizioni civili, è necessario, solo a tal fine, valutare la fondatezza delle censure sottoposte all'esame del Collegio.

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P.Q.M.


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