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Sent. C. Conti 13/03/2008, n. 137

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1. Giudizio - Giudizio di responsabilità - Cosa giudicata e rapporti con altri giudizi - Rapporto col giudizio penale - Costituzione di parte civile della Amministrazione danneggiata - In ipotesi di identità di fatti materiali - Improcedibilità dell'azione di responsabilità - Esclusione. 2. Contabilità pubblica - Responsabilità amministrativa e contabile - Prescrizione - Decorrenza - Danno all'immagine - Dies a quo - Dal decreto di rinvio a giudizio. 3. Giudizio - Giudizio di responsabilità - Cosa giudicata e rapporti con altri giudizi - Rapporto col giudizio penale - Condanna in sede penale - Preclusione dell'azione di responsabilità - In caso di ravvisati profili di maggior danno - Esclusione. 4. Giudizio - Giudizio avanti la corte dei conti, principi generali - Atti processuali - Comparse e memorie - Consulenze tecniche - Perizie di parte privata - Decisione in difformità - Obbligo del giudice di motivare il dissenso - Esclusione. 5. Giudizio - Giudizio di responsabilità - Svolgimento del processo - Riassunzione - Morte del convenuto nel corso del giudizio - In assenza di illecito arricchimento - Riassunzione nei confronti degli eredi del dante causa - Esclusione - Interruzione del giudizio - Non opera. 6. Contabilità pubblica - Responsabilità amministrativa e contabile - Solidarietà - In genere - Decesso di condebitori solidali - Effetti - Riduzione delle quote di danno imputabili ai convenuti deceduti - Esclusione. 7. Contabilità pubblica - Responsabilità amministrativa e contabile - Elementi - Danno erariale - Fattispecie - Provveditorato alle OO.PP. - Costruzione di carcere di massima sicurezza - Gravi difetti di costruzione - False attestazioni di conformità delle opere e di congruità dei prezzi - Responsabilità del Direttore dei Lavori e dei collaudatori - Sussistenza - Evasione di detenuti - Danno all'immagine - Sussistenza.

1. La costituzione dell'ente danneggiato come parte civile nel processo penale, anche se per fatti materiali identici commessi dagli stessi responsabili, non preclude l'esercizio dell'azione di responsabilità, stante la diversità degli illeciti commessi e della natura, civile e amministrativa, delle azioni esercitate.
2. In ipotesi di danno al prestigio dell'amministrazione il termine prescrizionale dell'azione di responsabilità decorre, piuttosto che dalla data di pubblicaz

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SENTENZA

La corte dei conti sezione prima giurisdizionale centrale


Omissis


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RITENUTO IN FATTO

A seguito della evasione, avvenuta nel febbraio 1989, di tre detenuti dal nuovissimo carcere di massima sicurezza di Ancona Montacuto attraverso un foro scavato nel muro della cella mediante arnesi rudimentali, sorse la necessità di verificare la qualità dell'esecuzione del complesso carcerario in relazione al rispetto delle prescrizioni tecniche e costruttive del capitolato d'appalto.

Furono pertanto avviate indagini penali da parte della Procura della Repubblica di Ancona, che presero in considerazione a largo raggio una serie di lavori affidati dal locale Provveditorato alle Opere Pubbliche. Le indagini, iniziate dal carcere di Montacuto, si estesero infatti anche alla casa circondariale di Barcaglione e alla Caserma dei Vigili del Fuoco di Ancona con procedimenti penali connessi, che vedevano inquisiti i principali responsabili del Provveditorato alle Opere pubbliche di Ancona per reati quali frode nelle pubbliche forniture, truffa ai danni dello Stato e falsificazioni nelle contabilizzazioni, condotte illecite di cui veniva rilevata una sorprendente “ripetitività” nella conduzione dei vari appalti; mentre un ulteriore procedimento penale ( n. 885/92 RGNR) veniva avviato, nei confronti di Vincenzo MATTIOLO, nella qualità di Direttore dei Lavori e Ingegnere Capo del Provveditorato alla OO.PP. di Ancona, per tangenti percepite dai privati appaltatori in dipendenza della costruzione del carcere di Montacuto e di altre opere pubbliche.

Il Carcere di Montacuto: le sentenze penali

Con riferimento al complesso carcerario di Montacuto, il procedimento penale (n. 2082/90 RGNR) che aveva portato alla emissione della richiesta di rinvio nel giugno 1992 e del decreto di rinvio a giudizio in data 17 luglio 1992, in relazione al quale si era costituito parte civile il Ministero dei Lavori Pubblici finanziatore, si chiudeva in primo grado con la sentenza n. 240/94 emessa dal Tribunale di Ancona il 13 luglio 1994, di condanna - fra l'altro - di MATTIOLO Vincenzo, in qualità di Direttore dei lavori ed Ingegnere Capo, di MICCOLI Rocco, in qualità di geometra contabilizzatore dei lavori e dei componenti della Commissione di Collaudo PETRICCIONE Mario, MELIDORO Carmine Domenico e OMENETTI Vincenzo. Gli imputati venivano ritenuti responsabili di una serie rilevante di difformità nella esecuzione delle opere rispetto a quanto stabilito in contratto, della fornitura di materiali diversi da quelli previsti in progetto (aliud pro alio) e di truffa ai danni del Ministero dei Lavori Pubblici, e con l'ausilio di tre perizie disposte sia dal PM penale che dal GIP in sede di incidente probatorio si accertava che erano stati utilizzati materiali ed eseguite forniture di qualità inferiore rispetto ai costi sostenuti dall'Amministrazione, in quantità ridotte e comunque non conformi ai relativi capitolati e che sussistevano macroscopici e quindi voluti errori nelle contabilizzazioni, a tutto danno della P.A..

In particolare la sentenza penale di condanna n. 240/94 individuava, a carico dei citati funzionari, i seguenti reati commessi durante la realizzazione del carcere di Montacuto:

1) frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), (in concorso con Cesare Fortunato, titolare della impresa COEDI s.p.a.) di cui venivano ritenuti responsabili il Direttore dei Lavori e Ingegnere Capo Vincenzo MATTIOLO ed i componenti della Commissione di collaudo Mario PETRICCIONE, Carmine MELIDORO e Vincenzo OMENETTI, in quanto venivano accertate realizzazioni di opere e lavorazioni diverse per materiali da quelle indicate nel progetto e nei contratti relativi, con modifiche peggiorative dell'opera e con ingiustificato aggravio per l'Amministrazione, che i componenti della Commissione di collaudo omettevano di rilevare, in particolare con riguardo a:

- murature esterne

- pannelli sottofinestra

- murature interne

- cunicolo tecnologico

- pavimenti monolitici

- recinzioni con rete plastificata

- inferriate

- massetto pendenze

- infissi

2) truffa (art. 640 c.p.) per avere, in concorso tra loro, (il Fortunato), il MATTIOLO ed il MICCOLI (geometra contabilizzatore) posto in essere artifici e raggiri al fine di indurre gli organi di controllo in errore e quindi giustificare o occultare i maggiori esborsi in denaro attraverso la contabilizzazione di materiali diversi da quelli posti in opera (es: contabilizzare le mura come realizzate in mattoni pieni invece che semipieni; predisporre una falsa motivazione nella relazione alla perizia di variante del 13.10.1980; contabilizzare a metro quadrato prezzi di articoli previsti invece a metro lineare; contabilizzare i pavimenti monolitici come aventi spessore di cm. 8 mentre in realtà erano stati realizzati di cm. 4 - 4,5 ecc. );

2bis) truffa del MATTIOLO per avere con artifici e raggiri attestato, nelle relazioni e perizie, la congruità dei Nuovi Prezzi che in realtà erano enormemente superiori a quelli di mercato;

3) falsi ideologici del MATTIOLO (art. 479 c.p.) che, allo scopo di realizzare o occultare la truffa e la frode nelle forniture in concorso col Fortunato attestava, contrariamente al vero, nei libretti delle misure, nei sommari e nei registri, che erano stati usati mattoni pieni anziché forati; aumentava e diminuiva contrariamente al vero le quantità delle lavorazioni nella perizia di variante; o attestava la pretestuosa necessità di nuove lavorazioni e la completa realizzazione delle stesse, in realtà solo parzialmente eseguite; contabilizzava un diverso peso delle inferriate e attestava falsamente di aver realizzato le inferriate in acciaio al cromo manganese, mentre in realtà erano state realizzate in acciaio tipo 100 CR6, non idoneo alle funzioni da svolgere; attestava falsamente che i pavimenti erano di spessore 8 cm mentre in realtà erano stati costruiti di 4 cm.;

4) falsi ideologici di MATTIOLO per avere quest'ultimo attestato, nelle varie relazioni di accompagno alle perizie di variante, che i nuovi prezzi erano congrui e conformi a quelli di mercato, mentre in realtà erano enormemente superiori;

5) falsi ideologici di MATTIOLO e dei componenti la Commissione di collaudo PETRICCIONE, MELIDORO e OMENETTI, per avere attestato, contrariamente al vero, nei verbali di visita al cantiere e negli atti finali di collaudo dei vari contratti, la conformità dell'opera ai contratti e progetti approvati.

Il giudizio penale si concludeva in 2° grado con sentenza n. 1903/2000, depositata il 12 febbraio 2001, con cui la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, in particolare, disponeva quanto segue:

1) pur avendo accertato la truffa (art. 640 c.p.) e la frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) a carico del MATTIOLO, dichiarava tuttavia non doversi procedere nei confronti di quest'ultimo per intervenuta prescrizione;

2) assolveva PETRICCIONE Mario e MELIDORO Carmine dal reato di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p. ) per non aver commesso il fatto;

3) confermava la condanna del MATTIOLO (riducendo la pena a mesi otto di reclusione), del PETRICCIONE e del MELIDORO (pena ridotta a mesi 9 di reclusione) per il reato di falso ideol

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RITENUTO IN DIRITTO

Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., in quanto si tratta di appelli proposti avverso la medesima sentenza.

Estinzione del giudizio per il deceduto MELIDORO - Come già anticipato nella esposizione in fatto, durante l'udienza pubblica del 9 ottobre 2007 è stato depositato, su iniziativa del difensore, il certificato attestante il decesso di Carmine Domenico MELIDORO. La giurisprudenza della Corte dei conti è concorde nel ritenere che non si debba disporre l'interruzione del giudizio se sopravviene la morte del convenuto in assenza di un suo illecito arricchimento, per cui in tali casi il processo prosegue nei confronti soltanto degli altri convenuti. In altri termini vige la regola generale secondo cui il diritto al risarcimento viene meno e la reintegrazione patrimoniale non si consegue nel caso di morte del responsabile che non abbia arrecato all'Amministrazione un danno qualificato dal corrispondente proprio arricchimento (Sez. Riun., 18 aprile 1996, n. 22/A).

Nei confronti degli eredi, infatti, ai sensi delle norme vigenti e in particolare dell'art. 1 comma 1° della legge n. 20/1994 la responsabilità si estende soltanto nei casi di illecito arricchimento del dante causa e conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

Qualora questa situazione non ricorra, gli eredi non sono legittimati passivamente nel giudizio contabile (Corte dei conti, Sez. Riun., 21 ottobre 1997, n. 74; Sez. I, 4 dicembre 1995, n. 31/A).

Nel caso di specie si rileva che la morte dell'appellante MELIDORO è sopraggiunta nel corso del giudizio di appello e il Pubblico Ministero di udienza non si è associato alla richiesta di interruzione avanzata dal difensore, precisando che non sussistono i presupposti di indebito arricchimento che giustifichino una chiamata in giudizio degli eredi ai sensi dell'art. 1 della l. n. 20/1994; pertanto il Collegio dispone l'estinzione del giudizio relativamente alla posizione dell'appellante Carmine Domenico MELIDORO.

Il difetto di giurisdizione - Passando all'esame delle questioni pregiudiziali, va innanzitutto affrontata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall' appellante MATTIOLO.

Si rammenta che la questione, nell'ambito del giudizio di cui si controverte, è stata rigettata dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Marche con sentenza parziale n. 2020/98, depositata il 29 dicembre 1998 avverso la quale solo Vincenzo MATTIOLO ha formulato riserva di appello.

Si osserva poi che la problematica sollevata dal MATTIOLO, circa un possibile danno arrecato ad Amministrazione diversa rispetto a quella di appartenenza - differenziando fra Ministero dei Lavori Pubblici e Ministero di Grazia e Giustizia - non trova ingresso nella fattispecie all'esame, poiché il pregiudizio patrimoniale è stato arrecato, in realtà, al Ministero dei Lavori Pubblici che, in qualità di soggetto pubblico finanziatore dell'appalto de quo (ex legge n. 1133/1971), ha sopportato l'onere economico collegato all'aggravio di costi e all' impiego di materiali non corrispondenti a quelli indicati in progetto e per questa ragione si è costituito parte civile nel procedimento penale. Nei confronti di tale Amministrazione il MATTIOLO era legato, all'epoca dei fatti, da rapporto di servizio, in quanto svolgeva funzioni di Ingegnere Capo presso il Provveditorato alla OO.PP. - Servizio Operativo di Ancona. Per di più, l'appellante ricopriva anche il ruolo di Direttore dei Lavori, e la giurisprudenza della Corte di Cassazione è ormai consolidata nel riconoscere la sussistenza del rapporto di servizio fra l'Amministrazione committente ed il Direttore dei lavori che, esercitando funzioni o potestà normalmente spettanti a quest'ultima, si inserisce stabilmente e continuativamente nella organizzazione amministrativa della P.A.. (Cass. S.U., 5.4.1993, n. 4060; 11.4.1994, n. 3358; Corte conti, Sez. Riunite, 4.01.1993 n. 817; Sez Giur.le Veneto, 8.4.2002, n. 126; 27.6.2001, n. 1141; Sez. Giur.le Marche, 7.11.2006, n. 803)

Nel rigettare l'eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dal MATTIOLO questo giudice condivide pienamente le argomentazioni della sentenza appellata in merito al concetto di Stato unitariamente inteso, quale persona giuridica unitaria ed unico centro di attribuzione in relazione alla personalità, che prescinde da qualsiasi distinzione fra le diverse Amministrazioni dello Stato: osservazioni che il Collegio non ritiene di disattendere e da cui non ha, pertanto, motivo di discostarsi.

Quanto all'eccepito difetto di giurisdizione con riferimento al danno non patrimoniale, si deve precisare che il pregiudizio all'immagine investe soprattutto il Ministero dei Lavori Pubblici, per l' incapacità dimostrata dalla struttura nella costruzione di un complesso carcerario dotato delle necessarie caratteristiche di massima sicurezza, a causa delle condotte illecite di propri funzionari o di soggetti comunque legati ad essa da rapporto di servizio. In secondo luogo, è sempre e comunque il Ministero dei Lavori pubblici a subire un grave discredito per la situazione di generalizzata corruttela che è venuta alla luce con le indagini (si confronti la motivazione della sentenza penale di appello e la sentenza parziale della Sezione marchigiana), che ha trovato ulteriore ma non esclusiva modalità di manifestazione negli accordi tangentizi oggetto di paralleli processi penali, accordi rivelati dalle confessioni dei privati imprenditori e dalle ammissioni degli indagati (MICCOLI e MATTIOLO) versate agli atti dal requirente contabile.

Da ultimo, in ordine al paventato difetto di giurisdizione è appena il caso di menzionare la ormai copiosa giurisprudenza che, per l'esigenza di assicurare un risarcimento ai diritti fondamentali della persona, ha esteso la nozione di danno non patrimoniale a tutte le ipotesi di pregiudizio arrecato ad “interessi non economici aventi rilevanza sociale”, con particolare riguardo alle lesioni di diritti fondamentali dell'uomo e degli altri soggetti giuridici, che la Cassazione ha devoluto alla giurisdizione del giudice contabile (Cass., SS.UU., 25 giugno 1997, n. 5668; n. 12041 del 1997; n. 744 del 1999; n. 98 del 2000; n. 179 del 2001; n. 10730 del 2003).

Con orientamento consolidato la Cassazione ha ribadito che la Corte dei conti ha giurisdizione non solo quando “si assuma sussistente il danno erariale, ma anche quando sussista il danno conseguente alla perdita di prestigio ed al grave detrimento dell'immagine e della personalità pubblica dell' Amministrazione” (Cass. Sez. Un., n. 98/2000) che, com'è noto, .può non comportare una lesione del patrimonio inteso in senso economico, ma solo del patrimonio in senso ampio, comprensivo dei c.d. diritti della personalità.

La prescrizione - Tutti e tre gli appellanti hanno eccepito la prescrizione dell'azione del P.M. contabile per avvenuto decorso del relativo termine; in particolare la difesa del MATTIOLO ha precisato che il termine prescrizionale da applicare nella specie è quello quinquennale e non decennale e che la costituzione di parte civile del Ministero dei Lavori Pubblici nel processo penale appare tardiva in quanto avvenuta nel corso della prima udienza dibattimentale del giorno 14 ottobre 1992, allorquando il termine quinquennale era ampiamente spirato in relazione a tutti i fatti oggetto dell'imputazione nel processo penale.

Con riferimento alla posizione del PETRICCIONE, analoga a quella del deceduto MELIDORO, si osserva che, come già avvenuto per il difetto di giurisdizione, anche l'eccezione di prescrizione è stata rigettata dalla Sezione di primo grado con la sentenza parziale n. 2020/1998. Pertanto l'eccezione avrebbe dovuto essere riproposta con l'impugnazione della citata sentenza parziale; ma né il PETRICCIONE né il MELIDORO hanno formulato riserva di appello e neppure hanno impugnato tale sentenza; sicché l' eccezione non può essere sollevata in questa sede, per intervenuto giudicato.

Quanto al MATTIOLO, se è pur vero che egli è l'unico ad aver proposto riserva di appello avverso la sentenza parziale, tuttavia non risulta, dagli atti e memorie del giudizio di primo grado, che all'epoca il MATTIOLO avesse espressamente sollevato eccezione di prescrizione; quindi tale eccezione, se effettivamente proposta per la prima volta con il gravame contrasterebbe con il divieto, di cui all'art. 345 c.p.c., di formulare nuove eccezioni in appello che non siano rilevabili d'ufficio. Poiché però la sentenza di primo grado ne fa menzione (p.22) si ritiene, per completezza, di precisare comunque che l'eccezione è da respingere, in ciò confermando le motivazioni della sentenza parziale n. 2020/'98, secondo cui il termine da applicare nella specie è quello decennale ai sensi degli artt. 252 disp. Att. c.c. e 3, 1° comma lett. c) del D.L. n. 543/96 conv. in L. n. 639/96, anche in aderenza alla interpretazione costituzionale (ord. n. 268/92) che ha precisato che il nuovo termine quinquennale non può decorrere anteriormente all'entrata in vigore della legge che lo prevede.

Ma l'eccezione di prescrizione è da respingersi anche alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di danno occulto.

Questo organo giudicante rileva infatti che nella specie si è in presenza di fatti dolosi, come tali ritenuti naturalmente occulti, cioè volti a sottrarre alla consapevolezza e conoscenza altrui il reale stato delle cose, e pertanto per essi la prescrizione comincia a decorrere, ai sensi dell'art. 1, comma 2°, della legge n. 20/1994, dalla data della scoperta del fatto dannoso occultato. In ragione dell'intenzionale occultamento della situazione lesiva per l'Erario da parte degli appellanti il dies a quo della prescrizione, per l'esercizio del diritto risarcitorio dell'Amministrazione danneggiata e per la parallela azione di responsabilità del Procuratore Regionale, va ricondotto al momento in cui si verifica la scoperta del fatto lesivo intenzionalmente occultato.

Non deve trascurarsi, cioè, che in ipotesi dolosa, quale quella all'esame, la prescrizione decorre dal momento della reale conoscibilità dei fatti, e sul punto la giurisprudenza è ormai costante e condivisa da questo Collegio, cosicché la data che più correttamente deve prendersi a riferimento quale dies a quo della prescrizione deve individuarsi con la data di rinvio a giudizio, che nella specie è il 16 luglio 1992, data in cui i fatti, dopo le indagini penali e l'incidente probatorio del GIP, hanno assunto i requisiti della obiettiva conoscibilità sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo e si sono concretamente delineate l'entità del danno erariale e le condotte penalmente rilevanti a carico degli imputati, suscettibili di valutazione anche ai fini del giudizio di responsabilità (Sez. Lazio, n. 642/2000 e n. 715/2000).

Ciò trova puntuale conferma normativa nell'art. 2935 c.c., in base al quale "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere f

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P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale - definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione reietta:

- DICHIARA L'ESTINZIONE del giudizio nei confronti dell'appellante Carmine Domenico MELIDORO;

- CORREGGE L'ERRORE MATERIALE indicato a pag. 42 e segg. nella sentenza n. 805/04 emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Marche in data 017.04.2004 - 15.09.2004, relativo a erra

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