CILA, esercizio poteri di vigilanza del Comune | Bollettino di Legislazione Tecnica
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10/02/2025

CILA, esercizio poteri di vigilanza del Comune

Il TAR Sicilia si è pronunciato sui poteri esercitabili dall’ente locale nel caso di presentazione di una CILA (nel caso di specie per la realizzazione di una pedana su suolo pubblico per lo svolgimento dell’attività di ristorazione).

CILA POTERI DEL COMUNE - Nella fattispecie la ricorrente contestava il provvedimento con cui il Comune aveva revocato la concessione di suolo pubblico rilasciata per lo svolgimento della propria attività di ristorazione nello spazio antistante il proprio locale. La revoca era intervenuta in quanto la ricorrente aveva collocato una pedana in legno amovibile che, secondo il Comune, necessitava del permesso di costruire. La ricorrente eccepiva che per la realizzazione della pedana aveva presentato sette anni prima una comunicazione inizio lavori asseverata (CILA).
TAR Sicilia Catania 21/01/2025, n. 243  ha accolto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

CILA, TITOLO RESIDUALE - In primo luogo è stato ricordato che l’art. 6-bis del D.P.R. 380/2001 dispone, per quanto d’interesse:
- al comma 1, che gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 6, 10 e 22, D.P.R. 380/2001 sono realizzabili previa comunicazione dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente e, comunque, nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia;
- al comma 2, che l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell'edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio;
- al comma 5, che la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro, che è ridotta di due terzi in caso di comunicazione spontanea quando l’intervento è in corso di esecuzione.
Da tale normativa discende che la comunicazione d’inizio lavori asseverata (CILA) rappresenta il titolo general-residuale, necessario per tutti gli interventi edilizi per i quali le norme del Testo unico non impongono la SCIA o il permesso di costruire, ovvero che non rientrano ai sensi dell’art. 6, D.P.R. 380/2001 nell’attività edilizia libera.
Ne deriva che sono ricondotte alla medesima opere qualitativamente rilevanti come, a titolo puramente esemplificativo, gli interventi di manutenzione straordinaria leggera ovvero quelli che, pur comportando cambi di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevanti, non riguardano parti strutturali dell’edificio e non incidono sui prospetti (vedi C. Stato 24/04/2023, n. 4110).

POTERI DEL COMUNE - Diversamente da quanto disposto per la SCIA, sulla conformità tecnico-giuridica della CILA non è, però, previsto un obbligo di controllo ordinario postumo entro un termine perentorio ravvicinato, in quanto la norma si limita a introdurre una sanzione pecuniaria “secca” in caso di omessa presentazione, senza in alcun modo disciplinare l’ipotesi in cui la stessa si profili contra legem.
Si pone, pertanto, il problema dell’individuazione dei poteri esercitabili dall’ente locale. Sul punto il TAR ha richiamato l’orientamento secondo il quale, se per un verso non può ritenersi che la previsione, contenuta nel comma 5 dell’art. 6-bis del D.P.R. n. 380/2001, della sanzione pecuniaria per la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori esaurisca il novero dei poteri che l’amministrazione può spendere a seguito della presentazione della CILA, deve, comunque, affermarsi che il potere di controllo, oltre che al dato formale della sola presentazione, possa unicamente ricondursi all’accertamento che l’opera ricada effettivamente nell’ambito dell’edilizia sottoposta a tale strumento di semplificazione, senza che possano trovare ingresso altre questioni, in quanto estranee alla fattispecie disciplinata dal legislatore.
La mancata previsione di controlli sistematici rischia però di tradursi in un sostanziale pregiudizio per il privato, che non vedrebbe mai stabilizzarsi la legittimità del proprio progetto, di talché la presentazione della CILA, considerata anche la modesta entità della sanzione per la sua omissione, avrebbe, in sostanza, l’unico effetto di attirare l’attenzione dell’amministrazione sull’intervento, esponendolo ad libitum, in caso di errore sul contesto tecnico-normativo di riferimento, alle più gravi sanzioni per l’attività totalmente abusiva, che l’ordinamento correttamente esclude quando l’amministrazione abbia omesso di esercitare i dovuti controlli ordinari di legittimità sulla SCIA o sull’istanza di permesso. Di conseguenza vanno mutuati i principi consolidatisi con riferimento alla separazione tra autotutela decisoria e esecutiva in materia di SCIA con conseguente applicazione dei limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, L. 241/1990, commi 3, 4, 6-bis e 6-ter, in combinato disposto con il richiamo alle "condizioni" di cui all’art. 21-novies della medesima L. 241/1990 (C. Stato 24/04/2023, n. 4110).

CONCLUSIONI - Nella specie il Comune aveva revocato una concessione di suolo pubblico per asserita abusività della collocazione di una pedana, la quale, però, aveva costituito oggetto di una CILA presentata ben sette anni prima, su cui non aveva esercitato (né illo tempore, né prima dell’adozione del provvedimento in esame) alcun potere e che, pertanto, doveva ritenersi ancora efficace; la presenza della pedana non aveva, peraltro, costituito ostacolo al rinnovo della concessione negli anni precedenti.
Ne deriva la fondatezza delle doglianze del ricorrente, in quanto il Comune avrebbe dovuto privare di effetti la CILA e non poteva assumere la violazione/l’abuso del titolo concessorio per la mera presenza della pedana amovibile, in quanto il titolo edilizio era ancora valido e vigente, tenuto conto che la necessità di uno di diversa natura non era neanche evidente. Per tali motivazioni, la revoca della concessione è stata annullata.

Dalla redazione