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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Demo-ricostruzione, continuità con l’immobile preesistente
Nel caso di specie si trattava di una palazzina realizzata in sostituzione di un fabbricato ad uso artigianale-deposito situato all’interno del cortile di un super condominio. L’amministratore del condominio ed alcuni proprietari di appartamenti contestavano l’intervento, sostenendo tra l’altro, che non potesse essere considerato alla stregua di intervento di ristrutturazione, ma avrebbe dovuto essere ascritto alla categoria della nuova costruzione.
In proposito il TAR Lombardia-Milano 07/08/2024, n. 2353 ha in primo luogo ricordato che l’art. 10 del D.L. 76/2020, ha modificato l’art. 3 del D.P.R. 380/2001, lett. d), stabilendo che nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Tali norme hanno specificato dunque che rientrano nell’ambito concettuale della ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che comportano la realizzazione di un edificio diverso, rispetto a quello demolito, per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
Il TAR ha inoltre osservato che anche la legislazione previgente dava della ristrutturazione una definizione molto ampia posto che l’art. 3, D.P.R. 380/2001, lett. d), nella formulazione antecedente alla novella del 2020, poneva quale unico limite, per poter considerare un intervento di demolizione e ricostruzione alla stregua di un intervento di ristrutturazione edilizia, quello del rispetto della precedente volumetria (in tal senso disponeva il terzo periodo della citata lett. d), derogato, per gli interventi su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, dall’ultimo periodo che, per questo specifico caso, imponeva anche il rispetto della sagoma).
Ciò premesso il TAR ha osservato che, secondo la giurisprudenza, nonostante l’ampia formulazione delle suindicate norme, si fuoriesce dall’ambito della ristrutturazione edilizia e si rientra in quello della nuova costruzione quando fra il precedente edificio e quello da realizzare al suo posto non vi sia alcuna continuità, producendo il nuovo intervento un rinnovo del carico urbanistico che non presenta più alcuna correlazione con l’edificazione precedente (cfr. C. Cass. pen. 18/01/2023, n. 1669).
Nel caso di specie, come già evidenziato, l’intervento consisteva nella demolizione di un vecchio fabbricato adibito a laboratorio-deposito e nella realizzazione in suo luogo di una palazzina residenziale avente due piani fuori terra ed un piano seminterrato.
Il Collegio ha ritenuto che il nuovo edificio, sia per le sue caratteristiche strutturali che per la funzione cui era adibito - la quale introduceva un rinnovato carico urbanistico del tutto diverso da quello prodotto dal precedente edificio - non poteva che essere considerato alla stregua di una nuova costruzione.
Per procedere alla sua realizzazione, la controinteressata avrebbe dunque dovuto munirsi di permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. a), e dimostrare che l’area sulla quale esso insiste esprime la necessaria volumetria.
Sul tema si veda anche la Nota: Ristrutturazione con demo-ricostruzione, limiti dopo il D.L. 76/2020.