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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Conseguenze della mancata rimozione di opere temporanee
Nel caso di specie i ricorrenti contestavano l’ordine di rimozione e ripristino dello stato dei luoghi relativamente alla realizzazione in area demaniale di un campo da beach volley e altre opere (recinto per i gonfiabili, pali per le bandiere e pergolato addossato alle cabine), che erano state mantenute oltre la stagione estiva. Per il Comune, i manufatti nel loro insieme erano riconducibili ad un unico intervento soggetto a preventivo rilascio del permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica. Il ricorrente invece sosteneva che, per effetto della evoluzione legislativa in materia, gli interventi suindicati sarebbero rientrati nel novero dell’attività edilizia libera, non subordinata quindi ad alcun titolo edilizio.
Al riguardo, il TAR Emilia-Romagna 12/04/2023, n. 208 ha ricordato che sotto il profilo edilizio le c.d. “opere temporanee” sono soggette alla disciplina di cui all’art. 6, D.P.R. 380/2001, comma 1 lett. e-bis), secondo il quale rientrano nell'attività edilizia libera le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale.
Ai sensi di tale articolo, pertanto, per poter sostenere che un’opera è temporanea - al di là della necessità di comunicazione all’Ente dell’installazione con specificazione dei motivi della contingenza ed urgenza - le opere devono comunque essere rimosse entro il limite massimo di sei mesi. Ne consegue che la mancata rimozione entro detta scadenza può comportare l’applicazione dall’art. 44, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b) o c), con una totale equiparazione dell’illecito alla costruzione di edificio senza titolo edilizio, che si realizza dunque con il mantenimento delle opere stesse oltre il termine assentito (in tal senso, vedi C. Stato, 23/05/2017, n. 2438 e C. Cass. pen. 04/09/2018, n. 39677).
Nella fattispecie, la mancata rimozione delle suddette attrezzature aveva determinato la cessazione della qualificazione delle stesse come opere temporanee/stagionali e l’applicabilità delle sanzioni per gli abusi realizzati in zona paesaggistica in assenza di permesso di costruire. Il TAR ha inoltre precisato che i manufatti non avrebbero potuto essere considerati “atomisticamente”, in quanto l'alterazione del paesaggio deve essere valutata prendendo in considerazione il complesso delle opere, non essendo possibile scorporarne una parte. Ed infatti il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, ma dall’insieme delle opere.
In conclusione il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo l’ordine di ripristino impartito dal Comune.