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Sent. TAR. Lazio Latina 09/12/2014, n. 1045

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La richiesta di risarcimento danni non può essere generica.

Palesemente inammissibile la richiesta di risarcimento danni oltremodo generica per i seguenti motivi: - come più volte osservato da questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 9 ottobre 2014, n. 850; id., 24 marzo 2014, n. 245; id., 21 ottobre 2013, n. 779), in tema di responsabilità civile della P.A. la giurisprudenza (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 28 ottobre 2011, n. 22508) ha precisato che l’ingiustizia del danno non può ritenersi esistente in re ipsa nella mera illegittimità dell’esercizio della funzione amministrativa, dovendo, invece, il giudice provvedere ad accertare, in ordine successivo: a) se sussista un evento dannoso; b) se il danno accertato possa essere qualificato come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento (pur se non classificabile come diritto soggettivo); c) se l’evento dannoso sia riferibile sotto il profilo causale, in applicazione dei criteri generali, alla condotta della P.A.; d) se l’evento dannoso sia imputabile alla responsabilità della P.A., sulla base non soltanto del dato obiettivo dell’illegittimità del provvedimento amministrativo, ma anche del requisito soggettivo del dolo o della colpa; - relativamente, poi, alla ripartizione dell’onere della prova, secondo la giurisprudenza consolidata (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 23 marzo 2009, n. 1716), cui ha aderito anche questa Sezione (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 23 aprile 2013, n. 351), in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell’onere della prova e non già l’onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi (peraltro, per la prova dell’elemento soggettivo, la posizione del privato è “facilitata” dalla possibilità di servirsi delle regole di comune esperienza e delle presunzioni); - nel caso di specie i ricorrenti domandano il risarcimento del danno che sarebbe stato illecitamente cagionato al fondo ed all’azienda agricola di rispettiva proprietà dai lavori di costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Roma - Napoli, in specie a seguito dell’affioramento dell’acqua in varie parti del fondo. I ricorrenti, tuttavia, non allegano nemmeno quale sarebbe stata la condotta illecita delle società intimate da cui sarebbe derivato il danno lamentato, né tantomeno dimostrano in alcun modo l’effettiva esistenza di una simile condotta illecita. Analogamente, i ricorrenti non forniscono alcuna prova del nesso di causalità tra l’eventuale condotta illecita (si ripete, neppure indicata) ed i danni di cui chiedono il risarcimento, cosicché difettano totalmente, nel ricorso, due degli elementi costitutivi dell’illecito ex art. 2043 c.c.: la condotta (anche omissiva) dolosa o colposa della P.A., o di organismi a questa equiparati, ed il nesso di causalità tra tale condotta e l’evento dannoso. Donde la palese inammissibilità del ricorso; - più in dettaglio, per quanto riguarda la (mancata) allegazione della condotta dolosa o colposa delle società intimate, è certamente insufficiente la generica menzione della mancata esecuzione di opere idrauliche, atteso che, a tacer d’altro, neanche di dette opere viene fornita - come pure sarebbe stato possibile a mezzo, ad es., di perizia di parte - alcuna indicazione, cosicché, in ultima analisi, non si comprende in nessun modo quale sia stata la condotta causativa dell’evento dannoso ascrivibile alle controparti e quale sarebbe stata la condotta idonea a scongiurare tale evento; - oltretutto, la genericità del richiamo alle non meglio identificate opere idrauliche non consente di comprendere se ciò di cui si dolgono i ricorrenti siano errori inescusabili nelle scelte progettuali (a partire dalla scelta del tracciato), ovvero nell’attività di esecuzione (pur di fronte a scelte progettuali impeccabili) e, perciò, errori in sede di affidamento dei lavori, ovvero in sede di vigilanza sulla loro esecuzione. Diviene, così, impossibile stabilire quale sia la condotta illecita in concreto ascrivibile a ciascuna delle società, il che tra l’altro rileva ai fini dell’esatta individuazione del giudice munito di giurisdizione, in quanto un illecito attribuibile alla mera attività esecutiva (senza che sia data prova di alcuna omissione nelle attività di vigilanza e controllo di questa) ben difficilmente potrebbe farsi rientrare, ad avviso del Collegio, nella giurisdizione amministrativa esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. G), c.p.a.. Con il ché sorgerebbe il problema, in presenza della sentenza del Tribunale Civile di …. che ha declinato la propria giurisdizione sulla controversia, dell’eventuale azionabilità dello strumento di cui all’art. 11, comma 3, c.p.a.: ma anche questa opzione resta a livello di pura ipotesi, stante - si ripete - la mancata indicazione delle concrete condotte lesive attribuibili ad ognuna delle società intimate.

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