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Sent. Corte Cost. 03/12/2014, n. 269

1422974 1422974
Giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 5, 16, comma 1, 17, comma 1, 21, comma 11, 27, commi 4 e 6, lettera c), 51, commi 4, 5, lettera a), 9, 12 e 18, 57, commi 4 e 5, e 77 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Provincia autonoma di Trento - Legge finanziaria provinciale 2012.)

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2012);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 4, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, nella parte in cui introduce il comma 10-bis nell’art. 44 della legge della Provincia autonoma di Trento 23 luglio 2010, n. 16 (Legge provinciale sulla tutela della salute);
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’a

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1422974 1472550
SENTENZA

LA CORTE COSTITUZIONALE


Omissis

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1422974 1472551
Ritenuto in fatto

1. Con ricorso notificato il 27-28 febbraio 2012 e depositato il successivo 6 marzo 2012 (reg. ric. n. 58 del 2012), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato varie disposizioni della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2012). Più specificamente, sono oggetto di impugnazione l’art. 9, comma 5; l’art. 16, comma 1; l’art. 17, comma 1; l’art. 21, comma 11; l’art. 27, comma 4 e comma 6, lettera c); l’art. 51, commi 4, 9 e 18; l’art. 51, comma 5, lettera a); l’art. 51, comma 12; l’art. 57, comma 4; l’art. 57, comma 5; e l’art. 77 della suddetta legge provinciale, in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117 della Costituzione, oltre che agli artt. 4, 8 e 73 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

1.1. In particolare, relativamente all’art. 9, comma 5, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, l’Avvocatura generale dello Stato ha osservato che tale disposizione riduce di tre punti percentuali l’aliquota dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Ad avviso del ricorrente, questa previsione violerebbe anzitutto l’art. 73, comma 1-bis, del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto modificherebbe l’aliquota di un tributo erariale al di fuori dei limiti previsti dal legislatore statale. Si tratterebbe infatti di un tributo istituito con legge dello Stato, la quale lo attribuisce alle Province delle Regioni a statuto ordinario, dove hanno sede i pubblici registri automobilistici in cui i veicoli sono iscritti, e che consente alle Province medesime di variare, entro limiti predeterminati, le aliquote dell’imposta. L’Avvocatura generale dello Stato ha osservato che questo meccanismo non è stato esteso alle Regioni a statuto speciale, né alle Province autonome di Trento e Bolzano, le quali pertanto, ai sensi dell’art. 60 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), rimangono titolari del gettito dell’imposta, senza poter intervenire sulle aliquote.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 9, comma 5, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 18 del 2011 violerebbe non solo il parametro statutario, ma altresì l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto, nel modificare l’aliquota di un’imposta statale al di fuori dei limiti consentiti dalla legislazione dello Stato, sarebbe invasivo della competenza statale esclusiva in materia di disciplina del sistema tributario dello Stato. Risulterebbe violato pure l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la disposizione impugnata sarebbe in contrasto con i principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, dal momento che con essa la Provincia autonoma di Trento sarebbe intervenuta nella materia prima che venissero dettate le relative norme di coordinamento.

1.2. Con riguardo all’art. 16, comma 1, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, il ricorrente ha sottolineato che tale disposizione determina la spesa complessiva per il personale appartenente al comparto autonomie locali e al comparto ricerca per gli anni 2012, 2013, 2014 e successivi – nella misura di 218.266.010 euro per ciascun anno, da aumentarsi con le somme previste per gli obiettivi in materia di riorganizzazione e di efficienza gestionale dall’art. 3, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2010, n. 27 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2011) – specificando, però, che in tale spesa «non rientrano gli oneri relativi al personale assunto con contratto di diritto privato per la realizzazione di lavori, interventi o attività sulla base di particolari norme di settore». Ad avviso del ricorrente, questa esclusione sottrarrebbe a limiti predeterminati sia la spesa per personale assunto in base a particolari norme di settore, sia quella relativa ai «contrattisti» assunti, nella misura massima di 60 unità e mediante concorsi pubblici per titoli ed esami, con contratto a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 63, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 28 marzo 2009, n. 2 (Disposizioni per l’assestamento del bilancio annuale 2009 e pluriennale 2009-2011 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria di assestamento 2009).

Sempre nella prospettazione avanzata dal ricorrente, dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica – art. 9-bis del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (erroneamente citati come decreto-legge n. 78 del 2010 e legge n. 102 del 2010); art. 32, commi 10, 11 e 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012); art. 1, commi 557 e 557-bis, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), come modificati dall’art. 14, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 – si ricaverebbe che nel limite di spesa per il personale rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno vanno comprese tutte le spese di personale, a qualsiasi titolo sostenute. Ne discende che la disposizione impugnata violerebbe, anzitutto, l’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui attribuisce alla competenza legislativa concorrente il coordinamento dei bilanci e della finanza pubblica, in quanto, nell’esonerare la spesa per il personale contrattista dal rispetto del limite necessario a garantire l’osservanza del patto di stabilità interno, sarebbe in contrasto con i principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dei quali vanno incluse in tale patto tutte le spese di personale, a qualsiasi titolo sostenute.

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata violerebbe, altresì, l’art. 8, numero 1), del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto contrasterebbe con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che la legislazione provinciale in materia di personale, anche laddove interviene in materia di competenza esclusiva, deve rispettare, per effetto del rinvio all’art. 4 del medesimo statuto presente nel suddetto art. 8. Tra questi principi rientrerebbe, infatti, ad avviso del ricorrente, anche il divieto generale di incremento della spesa per il personale stabilito per tutte le pubbliche amministrazioni dall’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, conv., con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.

1.3. Con riguardo all’art. 17, comma 1, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha fatto presente che tale disposizione, mentre attribuisce effetti solo giuridici alle progressioni di carriera del personale del comparto ricerca maturate negli anni 2011, 2012 e 2013, riconosce, con riferimento a quelle maturate nel corso del 2010, effetti anche economici, «che inciderebbero sugli anni 2011, 2012 e successivi».

In questa parte, la disposizione risulterebbe, pertanto, in contrasto sia con l’art. 117, terzo comma, Cost., là dove attribuisce alla legislazione concorrente la materia del coordinamento della finanza pubblica, sia con l’art. 8, numero 1), del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto violerebbe i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che la legislazione provinciale in materia di personale deve rispettare per effetto del rinvio all’art. 4 del medesimo statuto. In particolare, la disposizione impugnata risulterebbe essere in contrasto con il principio posto dall’art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, conv., con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, consistente nel divieto di produzione di effetti economici delle progressioni di carriera negli anni a partire dal 2011.

Inoltre, la disposizione impugnata si porrebbe altresì in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla legislazione esclusiva statale la materia dell’ordinamento civile, nella quale pacificamente rientra il pubblico impiego contrattualizzato, incluso l’aspetto retributivo. Pertanto, l’art. 17, comma 1, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, capovolgendo la disciplina della legge dello Stato in materia di effetti degli avanzamenti di carriera sulla retribuzione, invaderebbe la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile.

1.4. Relativamente all’art. 21, comma 11, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, l’Avvocatura generale dello Stato ha argomentato che tale disposizione consente alla Giunta provinciale di definire i criteri per l’attribuzione di incarichi a personale di categoria D o con qualifica di direttore, costituendo allo scopo uno specifico fondo. Così facendo, essa si porrebbe in violazione sia dell’art. 8, numero 1), del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto contrasterebbe con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che la legislazione provinciale in materia di personale deve rispettare, per effetto del rinvio all’art. 4 del medesimo statuto; sia degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto derogherebbe alla regola del pubblico concorso, senza specificare né i presupposti al ricorrere dei quali è consentito attribuire gli incarichi, né di quali incarichi si tratti. In tal modo, pertanto, la legislazione provinciale vanificherebbe il principio desumibile dall’art. 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale stabilisce che l’assunzione nelle amministrazioni pubbliche con contratto individuale di lavoro deve avvenire tramite procedure selettive che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno, e pone i principi di pubblicità, imparzialità, economicità, oggettività, trasparenza e pari opportunità, cui devono conformarsi le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni.

1.5. Con riferimento all’art. 27, comma 4, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, il ricorrente ha ricordato che tale disposizione affida alla Giunta provinciale la funzione di formulare direttive all’Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale (APRAN) per consentire all’Azienda provinciale per i servizi sanitari di concedere un’aspettativa non retribuita e utile a ogni altro fine, per un periodo massimo di novanta giorni ogni biennio, con oneri previdenziali a carico del datore di lavoro e del dipendente versati dall’Azienda medesima, al fine di favorire la partecipazione del proprio personale a progetti di solidarietà internazionale approvati o sostenuti dalla Provincia.

Ad avviso del ricorrente, tale disposizione violerebbe l’art. 8, numero 1), del d.P.R. n. 670 del 1972, in quanto contrasterebbe con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che la legislazione provinciale in materia di personale deve rispettare, per effetto del rinvio all’art. 4 del medesimo statuto. In particolare, introdurrebbe unilateralmente una nuova tipologia di aspettativa, per progetti di solidarietà, ponendosi perciò in contrasto con il principio della contrattazione collettiva, che regge l’intero settore del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Inoltre, poiché la disciplina della contrattazione collettiva del rapporto di pubblico impiego appartiene alla materia dell’ordinamento civile, la disposizione impugnata violerebbe altresì l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto inv

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Considerato in diritto

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 9, comma 5; 16, comma 1; 17, comma 1; 21, comma 11; 27, comma 4 e comma 6, lettera c); 51, commi 4, 9 e 18; 51, comma 5, lettera a); 51, comma 12; 57, comma 4; 57, comma 5; e 77 della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2012), per violazione degli artt. 3, 9, 97 e 117 della Costituzione e degli artt. 4, 8 e 73 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

2. Quanto alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 5, 21, comma 11, e 51, comma 4 (e, in quanto basati su quest’ultimo, commi 9 e 18), della legge prov. Trento n. 18 del 2011 è intervenuta la rinuncia all’impugnazione da parte del ricorrente, seguita da rituale accettazione da parte della Regione resistente, di tal che i relativi giudizi devono essere dichiarati estinti, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

3. Come segnalato dalla Provincia autonoma di Trento la censura relativa all’art. 51, comma 5, lettera a), della legge prov. Trento n. 18 del 2011, pur presente nell’epigrafe e nel petitum del ricorso, non è in alcun modo ripresa, né motivata, nel corpo del ricorso medesimo. In assenza di qualsivoglia argomentazione a sostegno della asserita incostituzionalità, deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile la questione avente ad oggetto l’art. 51, comma 5, lett. a) della legge provinciale n. 18 del 2011, per assoluta carenza di motivazione (ex plurimis, sentenza n. 189 del 2014, ordinanza n. 123 del 2012).

4. Sempre in via preliminare, va considerato che la Provincia autonoma di Trento, con riferimento a diverse delle disposizioni impugnate, lamenta profili di inammissibilità, derivanti sia dall’invocazione di parametri interposti non presenti nella deliberazione della controversia (nel caso delle censure riferite agli artt. 16, comma 1; 51, comma 12; 57, comma 5; e 77), sia per contraddittorietà interna dei parametri invocati, dal momento che in più casi il ricorso parrebbe ricondurre la disciplina impugnata sia alla potestà legislativa concorrente sia, al tempo stesso, nella potestà legislativa primaria della Provincia autonoma (è il caso delle censure riferite agli artt. 16, comma 1; 17, comma 1; 27, comma 4; e 27, comma 6).

Entrambe le eccezioni di inammissibilità, con riguardo alle censure riferite alle indicate disposizioni, debbono essere respinte.

Quanto all’individuazione dei parametri interposti, la delibera del Consiglio dei ministri individua correttamente sia la disposizione di volta in volta oggetto della questione, sia i parametri costituzionali poi invocati nel ricorso. Il fatto che la delibera del Consiglio dei ministri abbia indicato solo alcuni dei rilevanti parametri interposti non costituisce elemento idoneo a determinare l’inammissibilità della censura, visto che la difesa tecnica, nell’esercizio della sua discrezionalità, ben può integrare una solo parziale indicazione dei motivi di censura (ex plurimis, sentenza n. 290 del 2009).

Quanto alla asserita contraddittorietà del ricorso, va ricordato che questa Corte ha in molte occasioni riconosciuto che nel contenzioso tra Stato, Regioni e Province autonome ben può accadere che la normativa oggetto di giudizio afferisca ad una pluralità di ambiti materiali e competenziali e che gli stessi limiti evocati dagli statuti speciali siano ribaditi in leggi dello Stato approvate nell’esercizio di competenze attribuite dall’art. 117, secondo e terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 187 del 2013; n. 114 del 2011). Di conseguenza, è evenienza ricorrente che, in questo tipo di giudizi, l’impugnativa prospetti una pluralità di questioni, anche alternative tra loro, riferite a diversi parametri costituzionali e dipendenti dalle diverse possibili qualificazioni della norma impugnata sotto il profilo della competenza. Pertanto, diversamente da quel che accade per i giudizi in via incidentale, la giurisprudenza di questa Corte consente, nei giudizi in via principale, che le questioni siano prospettate in termini dubitativi o alternativi (sentenze n. 187 del 2013, n. 289 del 2008, n. 447 del 2006; ordinanza n. 342 del 2009).

5. Il Presidente del Consiglio dei ministri, nel suo ricorso, afferma che l’art. 16, comma 1, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, nel determinare la spesa complessiva per il personale appartenente al comparto autonomie locali e al comparto ricerca per gli anni 2012, 2013, 2014 e successivi, specificando che in tale spesa «non rientrano gli oneri relativi al personale assunto con contratto di diritto privato per la realizzazione di lavori, interventi o attività sulla base di particolari norme di settore», violerebbe, in primo luogo, l’art. 117, terzo comma, Cost. Infatti, nell’esonerare la spesa per il personale contrattista dal rispetto dal limite necessario a garantire il rispetto del patto di stabilità interno, tale disposizione si porrebbe in contrasto con i principi della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e in particolare con l’art. 9-bis del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102; e con l’art. 32, commi 10, 11 e 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012); nonché con l’art. 1, commi 557 e 557-bis, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), come sostituiti dall’art. 14, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ai sensi dei quali vanno incluse in tale patto tutte le spese per il personale, a qualsiasi titolo sostenute. Inoltre, il ricorrente ravvisa una violazione dell’art. 8, numero 1), dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol, in quanto contrasterebbe con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, che la legislazione provinciale in materia di personale deve rispettare, per effetto del rinvio all’art. 4 del medesimo statuto, e in particolare con il divieto generale di incremento della spesa per il personale, stabilito per tutte le pubbliche amministrazioni dall’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, conv., con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.

5.1. Con riguardo alla censura riferita all’art. 16, comma 1, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, la Provincia autonoma di Trento chiede che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento agli anni 2013 e successivi, dal momento che l’intero art. 16 è stato abrogato dall’art. 25, comma 3, della legge provinciale 27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2013), a decorrere dal 1° gennaio 2013. Quest’ultima legge – poi a sua volta abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2014 dall’art. 1 della legge prov. Trento 9 agosto 2013, n. 16 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2014 e pluriennale 2014-2016 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2014) – ha poi fissato i limiti di spesa per gli anni 2013-2015, inferiori a

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P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2011, n. 18 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Provincia autonoma di Trento – Legge finanziaria provinciale 2012);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 4, della legge prov. Trento n. 18 del 2011, nella parte in cui introduce il comma 10-bis nell’art. 44 della legge della Provincia autonoma di Trento 23 luglio 2010, n. 16 (Legge provinciale sulla tutela della salute);

3) di

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