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Ultimo aggiornamento
16/04/2018

Ingegneri, architetti e gestione separata INPS: una vicenda grottesca in danno dei professionisti onesti

Riflessioni sulla normativa in vigore e sulla sentenza della Corte di Cassazione 30344/2017 (ed altre uguali).
A cura di:
  • Dino de Paolis

Desidero porre l’attenzione su un tema che coinvolge l’attività di decine di migliaia di colleghi professionisti - Ingegneri, Architetti - iscritti ai rispettivi Albi ma che svolgono principalmente un’attività diversa da quella libero professionale. In genere dipendenti nel settore pubblico o privato, sono iscritti ad una gestione previdenziale diversa da quella di riferimento della categoria, e tuttavia spesso, ove consentito, svolgono anche l’attività professionale.
La legge istitutiva di InArCassa stabilisce che “sono esclusi dall'iscrizione alla Cassa […] gli ingegneri e gli architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata” (art. 21, comma 5, della L. 03/01/1981, n. 6, disposizione trasposta anche nell’art. 7, comma 5, dello statuto dell’Ente).
A questi colleghi è dunque inibita da una legge dello Stato l’iscrizione alla cassa di riferimento; essi devono versare solo il contributo c.d. “integrativo”, dovuto da tutti gli iscritti agli albi degli Ingegneri e degli Architetti indipendentemente dall’iscrizione ad InArCassa (art. 7, comma 1, della L. 6/1981 cit.).

Con l’art. 2 della L. 08/08/1995, n. 335, è stata istituita la c.d. “gestione separata” Inps, forma previdenziale nata per creare una copertura a vantaggio delle professioni per le quali non vi sia una cassa professionale di riferimento.
Tale scopo “istituzionale” è ribadito da una norma di “interpretazione autentica”, anch’essa contenuta in una legge dello Stato: “i soggetti che esercitano […] attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali” (art. 18, comma 12, del D.L. 06/07/2011).
Il tenore letterale delle norme di leggi dello Stato sembra chiaro, e su queste basi innumerevoli Ingegneri e di Architetti hanno ritenuto di operare onestamente e nel rispetto delle norme, sottoponendo i propri compensi professionali solo al contributo integrativo.
A costoro l’Inps recapita invece richieste di pagamento di contributi, interessi e sanzioni, relative ad attività professionale esercitata in buona fede nel rispetto delle norme.
Molti, non potendosi permettere o non volendo affrontare un contenzioso legale, hanno ceduto e pagato quanto loro richiesto. Molti altri hanno resistito in giudizio, andando incontro a pesanti disagi non solo economici, ma ricevendo di converso soddisfazione da pressoché tutte le sentenze di primo e di secondo grado (Tribunali e Corti d’Appello).
È però di recente intervenuta la Corte di Cassazione (sentenza 18/12/2017, n. 30344 ed altre quattro identiche in pari data), che ha proposto una diversa interpretazione, contorta e forzata, a danno dei professionisti, che mette chiaramente a rischio i tanti contenziosi ancora pendenti.

Non è nostro compito entrare nel merito giuridico della vicenda, essendo a ciò preposti Giudici e Legislatori (ma ciascuno potrà formarsi un’opinione dalla lettura dal riassunto fatto …).
Sottolineiamo però che i poteri legislativo e giudiziario devono fornire un quadro di regole chiare ed eque, all’interno del quale gli operatori economici possano pensare solo a fare bene il proprio lavoro nell’interesse collettivo. Parliamo di soggetti portatori di cultura tecnica e professionale, produttori di reddito e di lavoro, parte sana e operosa del Paese che andrebbe tutelata e assistita, costretta invece a vestire la toga ed a spendere tempo, denaro ed energie per difendersi, parte chiaramente più debole, da enti e istituzioni il cui unico compito sembrerebbe quello di racimolare denaro.
Se si è arrivati a questo è evidentemente colpa di un quadro normativo (anche se apparentemente) non abbastanza chiaro da poter essere interpretato univocamente da tutti, cittadini e giudici.
Auspicando comunque nel frattempo altre sentenze di segno contrario che più linearmente e razionalmente possano riconoscere le giuste esigenze dei professionisti e tutelarne la buona fede - il Parlamento appena insediato intervenga urgentemente con ulteriori, e definitivi, chiarimenti.

 

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